A un anno dall’inizio del conflitto fra le forze governative e i ribelli del Tigray, anche gli Usa scendono in campo per l’Etiopia. E spingono affinché si arrivi presto a un cessate il fuoco. Come riporta l’Associated Press, infatti, è giunto ad Addis Abeba l’inviato speciale statunitense nel Corno d’Africa, Jeffrey Feltman.
Il suo obiettivo sarà quello di avviare i dialoghi fra il governo centrale e le autorità regionali del Tigray, con le forze del Fronte popolare di liberazione del Tigrè che nel frattempo si sono unite a un altro gruppo armato, l’Oromo Liberation Army, e hanno conquistato diverse zone strategiche a Sud e a Est della capitale.
Non è chiaro, però, se Feltman incontrerà il premier Abiy Ahmed. La portavoce del premio Nobel per la Pace 2019, Billene Seyoum, non ha infatti risposto alla domanda dell’Ap. In settimana Feltman aveva ribadito che ci sono buone probabilità per l’avvio dei colloqui fra le parti coinvolte nel conflitto.
Anche se le premesse non fanno ben sperare, dato che sia le forze governative sia i ribelli si accusano a vicenda di stupri e genocidi nel Paese. Nel frattempo, i deputati etiopi hanno votato a favore dello stato di emergenza per i prossimi sei mesi.
Dodici mesi di guerra civile in Etiopia, infatti, hanno ridotto alla fame centinaia di migliaia di persone. La crisi umanitaria continua a peggiorare, tanto da aver attirato l’attenzione degli Usa, che hanno risposto con l’arrivo dell’inviato speciale ad Addis Abeba.
Intanto, con l’avanzata del Tplf e dell’Ola cresce la preoccupazione. Un alto funzionario dell’Usaid, l’Agenzia Usa per lo sviluppo internazionale, parlando con l’Agence France-Presse, ha lanciato l’allarme per le gravi ripercussioni sulla già critica situazione in Etiopia.
“Possiamo solo supporre che qualsiasi marcia verso Addis Abeba potrebbe espandere sfollamento, bisogni e sofferenze per il popolo etiope – ha detto –. Certamente aumenterà il bisogno di assistenza umanitaria, complicando la possibilità di fornirla”.
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