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Esplosioni in Libano, nel passato di Israele ci sono molti altri attacchi non convenzionali

Non è stato ancora dimostrato con certezza che dietro alle detonazioni di cercapersone e walkie-talkie ci sia il Mossad, ma il modus operandi coincide con alcune operazioni svolte in passato dai suoi agenti

Restano ancora molti aspetti da chiarire sui cercapersone e i walkie-talkie dei membri di Hezbollah esplosi simultaneamente in varie aree del Libano. Uno dei misteri riguarda le aziende che sarebbero state coinvolte nella loro produzione, ossia la taiwanese Gold Apollo e l’ungherese BAC Consulting: entrambe si sono dichiarate estranee allo sviluppo dei dispositivi, con la prima che si sarebbe limitata a concedere i diritti di produzione e ad apporre il proprio marchio su di essi. Inoltre, secondo alcune fonti citate dal New York Times, la BAC Consulting non sarebbe altro che una società di facciata israeliana.

Per quanto non confermato, il coinvolgimento di Israele nell’operazione appare probabile, perché il Paese è da tempo ai ferri corti con Hezbollah e considera il gruppo paramilitare uno dei suoi nemici principali nel Medio Oriente. Inoltre, in passato Israele ha già fatto ricorso più volte a degli attacchi non convenzionali per colpire i suoi avversari, dunque il modus operandi sembrerebbe coincidere con quello delle sue agenzie di intelligence.

Gli attacchi non convenzionali usati da Israele in passato

Per quanto l’esplosione di cercapersone e walkie-talkie rappresenti di certo una novità, in passato altri oggetti di uso quotidiano sono stati fatti detonare per colpire dei bersagli specifici. Nel 1996 il miliziano di Hamas Yahya Ayyash, soprannominato “l’ingegnerie” per il suo talento nella creazione delle bombe, fu ucciso proprio ricorrendo a uno stratagemma simile. La Shin Bet, ossia l’intelligence interna israeliana, avvicinò un suo conoscente e, attraverso minacce e promesse, lo indusse a consegnargli un telefono cellulare Motorola, convincendolo che al suo interno non ci fosse nulla di diverso da una ricetrasmittente. In realtà il dispositivo conteneva una potente carica esplosiva e gli agenti israeliani la fecero detonare non appena ebbero la conferma che Ayyash era coinvolto in una conversazione telefonica con suo padre. Il miliziano di Hamas perse la vita a causa dell’esplosione.

Una rappresentazione di Yahya Ayyash (a sinistra) | EPA/YAHYA ARHAB – Newsby.it

 

Uno stratagemma simile era già stato usato nel 1972 dagli uomini del Mossad per uccidere Mahmoud Hamshari, il rappresentante dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) a Parigi. In quel caso gli agenti dell’intelligence israeliana fecero irruzione nella casa del bersaglio mentre quest’ultimo era assente e piazzarono un esplosivo nella base di marmo del telefono fisso. Quando Hamshari rincasò e sollevò la cornetta per fare una chiamata, gli uomini del Mossad fecero detonare la carica, ferendo gravemente il rappresentante dell’OLP, che morì in ospedale il giorno dopo.

Dai pacchi esplosivi ai virus informatici

A cavallo degli anni ’70 e ’80 l’intelligence di Israele usò in varie occasioni dei pacchi esplosivi, soprattutto per colpire i leader dell’OLP che si erano dati alla macchia ed erano sparsi in vari Paesi del mondo. Il Mossad riuscì a stanare molti di loro e sfruttò alcuni oggetti apparentemente innocui per ucciderli. Vari uomini dell’OLP persero la vita in seguito all’apertura di lettere e pacchi contenenti degli esplosivi al loro interno. L’intelligence trasformò in vere e proprie bombe anche libri, radio e televisori.

Nel corso del tempo, anche le autobombe sono entrate a far parte “dell’arsenale” di Israele, che nel 2008 non esitò a usarne una per uccidere Imad Mughniyeh, uno dei principali comandanti di Hezbollah. Il Mossad e le altre agenzie di intelligence, inoltre, hanno anche dimostrato di poter usare dei sistemi inaspettati per eliminare i loro bersagli. Un esempio lampante è l’uccisione dello scienziato nucleare iraniano Mohsen Fakhrizadeh, ucciso nel 2020 in Iran facendo ricordo a una mitragliatrice comandante per via da satellitare a oltre 1.600 chilometri di distanza, con il supporto di un software in grado di migliorare la precisione dei colpi. L’arma, che era stata montata su un pick-up piazzato al bordo di una strada, ha iniziato a sparare non appena Fakhrizadeh è passato nelle sue vicinanze.

Parlando di software, è impossibile non menzionare il virus Stuxnet, che nel 2011 fu diffuso nei sistemi digitali iraniani fino a raggiungere i computer preposti al controllo delle centrifughe nucleari del sito di ricerca di Natanz. In seguito all’attacco informatico, le centrifughe iniziarono a girare a vuoto, rendendole inutilizzabili per l’arricchimento dell’uranio.

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Alessandro Bolzani

Cresciuto a pane e libri, nutro da sempre una profonda passione per la scrittura e il mondo dei media. Dal 2018 sono redattore (o copywriter, come dicono quelli bravi) per alcuni grandi editori italiani occupandomi principalmente di salute e benessere, scienze e tecnologia. Nel 2019 ho debuttato come autore con il romanzo urban fantasy "I guardiani dei parchi", edito da Genesis Publishing.

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