“Mi ero dimenticato che fossi ancora vivo”. La caduta di stile del fondatore di Tesla, Elon Musk, nei confronti di Bernie Sanders è solo l’apice di una schermaglia avvenuta su Twitter tra i due. Il senatore democratico, 80 anni aveva postato: “È giusto pretendere che le persone estremamente ricche paghino la giusta quota di tasse”. A stretto giro la replica sopra citata di Musk, primo o secondo individuo più ricco al mondo (a seconda dell’andamento delle azioni Tesla) con un patrimonio stimato in oltre 300 miliardi di dollari. Ma come mai c’è così tanto astio di Elon Musk nei confronti di Bernie Sanders?
La vendita del 10% di Tesla da parte di Elon Musk dopo la proposta di Bernie Sanders
L’imprenditore dell’auto elettrica aveva condotto un’operazione la scorsa settimana. Dopo aver lanciato un sondaggio su Twitter per chiedere se dovesse vendere il 10% della sua partecipazione in Tesla per evitare il rischio di pagare delle imposte sui profitti non realizzata, come contempla una proposta di legge in discussione al Senato (e dopo la vittoria del “sì” con il 58%), Musk ha effettivamente venduto una parte delle sue azioni. Peccato che l’operazione fosse in programma da tempo. E che, nel frattempo, Musk abbia esercitato delle stock options che gli hanno permesso di comprare azioni Tesla a 6 dollari a fronte di un valore di mercato di circa mille dollari. Non solo con un guadagno di oltre 2 miliardi ma anche rintuzzando la sua partecipazione. Non è del resto la prima volta che Musk ‘gioca’ con i suoi numerosi followers traendone profitto o cercando di farlo. L’ha fatto, nei mesi scorsi, con valute digitali come il Bitcoin o con titoli nel pieno di ondate di speculative come GameStop.
In ballo c’è la riforma fiscale in discussione al Senato
Al Senato Usa si discute una proposta di legge sostenuta dalla parte più progressista del Partito Democratico, tra cui il senatore Sanders, in cui si ipotizza di tassare gli utili non realizzati delle 700 persone più ricche degli Stati Uniti. Miliardari come Jeff Bezos, Warren Buffett, MarK Zuckerberg o lo stesso Musk detengono importanti quote azionarie nelle loro società. Tuttavia i titoli vengono tassati solo nel momento in cui sono venduti. Finché questo non accade, anche se il loro valore si moltiplica vertiginosamente, il possessore non subisce alcun prelievo. Ciò non di meno esistono innumerevoli meccanismi per attingere alla ricchezza delle azioni senza venderle. Ad esempio dando i titoli in pegno alle banche in cambio di finanziamenti. È in questo modo che Buffett, tra i tanti esempi, riesce a pagare tasse per meno di 2 milioni di dollari all’anno pur essendo titolari di un patrimonio di oltre 110 miliardi di dollari.
Musk si era già pronunciato contro questa proposta di legge definendola inutile e suggerendo piuttosto al governo di ridurre la spesa pubblica. Pochi mesi fa aveva spostato la sua residenza dalla California al Texas per usufruire di un regime fiscale sulle partecipazioni societarie maggiormente favorevole. In sostanza non pagherà tasse.