La crisi dei sottomarini nucleari e la neonata alleanza anti-cinese Aukus – acronimo di Australia, Regno Unito (Uk) e Usa – potrebbero avere conseguenze dirette anche sull’Unione Europea. Dopo la decisione del Governo australiano di rescindere il contratto multimiliardario stipulato con Parigi, infatti, la Francia ha reagito duramente, richiamando i suoi ambasciatori da Canberra e Washington.
Intanto, nei prossimi giorni è atteso un contatto telefonico fra il presidente americano, Joe Biden, e l’omologo francese, Emmanuel Macron. Ad annunciarlo è stato Gabriel Attal, portavoce del Governo francese. Attal ha poi detto che da parte di Macron ci sarà una “richiesta di chiarimento” all’inquilino della Casa Bianca in merito alle reali intenzioni del patto strategico fra Australia, Uk e Usa.
Da oltreoceano, però, arrivano versioni discordanti sulla reale natura del contratto per la fornitura dei sommergibili nucleari. Il premier australiano, Scott Morrison, in una conferenza stampa a Sydney ha dichiarato di non comprendere la “delusione” di Parigi. ScoMo ha poi detto di aver sollevato “profonde e severe riserve” sui sottomarini francesi già “alcuni mesi fa”.
Versione, quest’ultima, che stride con la ricostruzione del New York Times. Il quotidiano statunitense, infatti, citando fonti governative, ha rivelato alcuni retroscena della vicenda, in particolare spiegando che gli Usa non hanno mai informato l’Eliseo dei negoziati segreti con il Paese oceanico. Tutto ciò nonostante i vari incontri bilaterali degli ultimi mesi, compreso quello di giugno in cui Biden e Macron hanno discusso del futuro della Nato.
Washington e Canberra avrebbero dunque informato la Francia solo poche ore prima dell’annuncio della nuova alleanza di sicurezza Aukus. Secondo il Nyt, entrambi i Paesi temevano infatti che i francesi potessero ostacolare l’accordo che avrebbe di fatto spazzato via uno dei più grandi contratti della Difesa della loro storia.
Nel frattempo, la crisi dei sottomarini nucleari ha riacceso il dibattito su un tema sempre molto caldo all’interno dell’Unione Europea: un esercito comunitario. L’alleanza anti-cinese delle tre nazioni anglofone ha infatti messo in seria discussione l’approccio multilaterale fra l’Ue e gli Usa, che sembrava invece destinato a consolidarsi con l’avvicendamento Trump-Biden.
Tanto che, il 15 giugno, il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, accoglieva il presidente americano a Bruxelles dicendo che “finalmente abbiamo di nuovo un amico alla Casa Bianca”. Appena tre mesi dopo, il quadro sembra completamente stravolto, complice anche la crisi afghana.
Lo dimostra ciò che lo stesso Michel ha scritto sul suo blog lo scorso 2 settembre. “Siamo andati in Afghanistan con i nostri alleati statunitensi e lasciamo il Paese insieme a loro. Ma la nuova situazione ha implicazioni molto diverse per gli Stati Uniti e per l’Europa. È per questo motivo che l’Europa deve compiere rapidamente scelte legate ai suoi interessi strategici”.
“L’Ue e i suoi Stati membri devono avere un peso maggiore nel mondo, per difendere i nostri interessi e valori e per proteggere i nostri cittadini – ha evidenziato Michel –. Questa autonomia strategica, di cui bisogna sviluppare la componente relativa alla difesa e alla sicurezza, va a completamento delle nostre alleanze. Un’Europa più forte rafforzerà anche le nostre alleanze e, di conseguenza, i nostri alleati”.
L’idea è dunque quella di creare un mini-esercito europeo, che possa garantire all’Ue la capacità di agire autonomamente. L’idea, peraltro, è la stessa lanciata dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che nel suo discorso sullo stato dell’Unione aveva parlato della necessità di “un’Unione europea della difesa”.
Sul tema è già al lavoro l’Alto rappresentante dell’Ue per la politica estera, Josep Borrell, con la sua ‘Bussola strategica’. Un piano per la difesa comune dell’Unione che presenterà a novembre e che gli Stati membri puntano ad approvare a marzo. Quando cioè i capi di Stato e di Governo dei 27 Paesi membri si riuniranno per discutere di questo argomento.
Per il 18 ottobre in Lussemburgo, invece, è in calendario una riunione dei ministri degli Esteri in cui si parlerà anche delle conseguenze per la crisi dei sommergibili. L’unico scoglio per la creazione di un mini-esercito europeo è il vincolo del voto all’unanimità.
Motivo per cui i ministri della Difesa sono impegnati in una discussione finalizzata a sostituire l’unanimità richiesta per le decisioni d’intervento con un voto di maggioranza. In questo modo si darebbe il via a interventi militari a cui potranno prendere parte solo gli Stati favorevoli. Il modello potrebbe essere quello dell’articolo 44 del Trattato dell’Unione suggerito dalla Germania. Il dibattito è aperto.
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