A inizio settembre l’Italia ha tagliato un traguardo importante nella lotta contro la pandemia. L’80% della popolazione adulta aveva infatti ricevuto almeno una dose di vaccino contro il coronavirus. A suggellare il traguardo è poi sopraggiunto l’annuncio di un’imminente terza dose per le categorie più fragili a partire dal mese di settembre. Prima i pazienti immunodepressi, poi le categorie più fragili e a seguire il resto della popolazione. Non sono da meno gli altri paesi UE. I più virtuosi, come il Portogallo, l’Irlanda e la Francia, hanno vaccinato oltre il 90% della popolazione. Seguono la Spagna, la Germania e l’Austria, che si attestano rispettivamente all’88%, al 78% e al 72%. Tra i meno virtuosi, figurano invece Ungheria (68%), Polonia (60%) e Bulgaria (22%). Ma come sta andando nel resto del mondo? Mentre l’Unione Europea e i paesi più ricchi proseguono nella loro corsa al vaccino, quale situazione si profila nei paesi più poveri?
I dati sono eloquenti. A livello mondiale, il 42,9% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino contro il Covid-19. Sono complessivamente 5,88 miliardi le dosi somministrate, con una media giornaliera di 28,56 milioni. Ma soltanto l’1,9% delle persone nei paesi a basso reddito ha ricevuto almeno una dose. I numeri di Our World in Data mettono di fronte al divario siderale che separa le prospettive dei paesi più industrializzati da quelle di molti altri. Mentre in Italia ci si preoccupa di una – fortunatamente risibile – porzione di popolazione no-vax, il Congo ha un tasso di vaccinazione pari allo 0.03%. Yemen, Sudan, Chad, Haiti, Madagascar, Niger, Mali, Burkina Faso, Tanzania, Uganda, e l’elenco dei paesi con un tasso di vaccinazione completa inferiore all’1% potrebbe continuare.
Mentre inizia la corsa alla terza dose, miliardi di cittadini in tutto il mondo sono ancora in attesa della prima e della seconda. L’iniquità all’accesso ai vaccini è un tema importante che richiede di essere affrontato con misure e campagne volte a garantire la parità di accesso. Non è infatti un caso che i tassi di vaccinazione siano significativamente più alti nelle nazioni ricche, mentre i paesi a basso reddito attestino percentuali irrisorie, spesso intorno all’1%. Lo confermano gli ultimi dati del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, UNDP, oltre agli eloquente grafici di Our World in Data.
Africa, Oceania e Sud America sono senza ombra di dubbio le regioni più colpite dalla mancanza di accesso ai vaccini. In molti di questi paesi, quasi nessuno è completamente vaccinato. Al contrario, Asia, Europa e Nord America galoppano senza sosta per assicurare una protezione completa ai propri cittadini. Questa profonda disuguaglianza pone sul tavolo diverse questioni con implicazioni sanitarie, economiche, sociali e, naturalmente, morali.
“L’iniquità dei vaccini è il più grande ostacolo al mondo per porre fine a questa pandemia e riprendersi dal COVID-19“. Lo ha affermato a luglio il dott. Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS).
A ognuno le proprie considerazioni morali. Ma, a ben vedere, la mancata vaccinazione di gran parte della popolazione rischia di avere conseguenze dirette sulla vita di tutti. Fino a quando l’intera popolazione mondiale non sarà vaccinata, infatti, il virus continuerà a circolare, a trovare nuove vie per sopravvivere, a mutare per non morire. Come è risaputo, il virus continuerà a sopravvivere e a rinforzarsi laddove non incontri ostacoli. Come molti hanno sostenuto, “nessuno è al sicuro finché tutti non sono al sicuro“.
L’iniquità di accesso al vaccino sta colpendo anche la ripresa socioeconomica dei paesi a basso e medio reddito. I paesi a basso reddito avrebbero potuto aggiungere 38 miliardi di dollari alle previsioni del PIL per il 2021 se avessero avuto tassi di inoculazioni simili a quelli dei paesi ad alto reddito. Questo è quanto emerge dagli ultimi dati del World Economic Forum.
Ma cosa si sta facendo per garantire accesso equo ai vaccini? In tal senso, un ruolo di primo piano è rivesto dal COVAX. Ne fanno parte Gavi, l’Alleanza Vaccini, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’UNICEF e la Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (CEPI). Il suo obiettivo è accelerare lo sviluppo e la produzione di vaccini Covid-19 e garantire un accesso equo a tutti i paesi del mondo. Finora, ha consegnato più di 150 milioni di dosi di vaccino in tutto il mondo, con l’obiettivo di renderne disponibili 2 miliardi entro la fine del 2021. Anche il G7 si è impegnato a condividere almeno 870 milioni di dosi di vaccino, con l’obiettivo di consegnarne almeno la metà entro la fine del 2021. Le buone intenzioni sembrano esserci, ma la strada è ancora lunga e gli obiettivi drasticamente lontani.
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