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MONDO

Covid, infodemia e contraddizioni: tutte le giravolte di Fauci e dell’Oms

Gli italiani sono in buona compagnia: le contraddizioni e le confusionarie indicazioni su come affrontare la pandemia di Covid-19 non riguardano solo il nostro Paese. Ad alimentare la crescita di una popolazione di ‘vax-confusi’ e di dubbiosi sul virus hanno infatti contribuito anche molti esperti, istituzioni e leader politici stranieri che non hanno di certo dato grande prova di coerenza né di chiarezza, favorendo il dilagare di un’infodemia che ha portato solo a caos e incertezza.

Covid, ritardi e giravolte dell’Oms

A partire dall’ente che, più di tutti, avrebbe dovuto rappresentare la stella polare nel difficile periodo della pandemia. Stiamo parlando dell’Oms, l’Organizzazione mondiale delle sanità, che nelle prime fasi dell’emergenza sanitaria ha ampiamente sottovalutato la portata del virus. Basti pensare che l’Oms ha dichiarato ufficialmente la pandemia solo il 14 marzo 2020, quando cioè i contagi erano oltre 100mila in tutto il pianeta e le tragiche immagini della situazione in Italia facevano il giro del mondo.

Un ritardo non indifferente, tanto che il Wall Street Journal non ha esitato a ribattezzare l’Oms in Disinformazione mondiale della sanità sul Coronavirus”. Ma le giravolte dell’ente guidato da Tedros Adhanom Ghebreyesus non finiscono qui. Ne sono un esempio le indicazioni fornite sull’uso delle mascherine. Che, ad aprile 2020, secondo l’Oms erano necessarie solo per malati e personale sanitario. Tempo due mesi ed ecco il dietrofront: “Da sole (le mascherine, ndr) non bastano, ma servono a proteggere sé stessi e gli altri”.

Simile la questione dei guanti, sui quali all’inizio non è stata fornita alcuna indicazione, lasciando libera scelta alle singole nazioni sul loro utilizzo. Nel giugno 2020, però, tutto è cambiato. L’Oms ha infatti annunciato che indossare i guanti può aumentare il rischio di infezione, dal momento che può portare alla auto-contaminazione o alla trasmissione ad altri quando si toccano le superfici contaminate e quindi il viso”.

Molto discusso, inoltre, il tema della trasmissione del virus da parte degli asintomatici. Nel giugno 2020 il responsabile tecnico dell’Oms, Maria Van Kerkhove, ha infatti sostenuto che è “raro che un soggetto asintomatico infetti un altro individuo, dai dati pubblicati”. Un’uscita che ha scatenato un vespaio di polemiche fra gli esperti, costringendo Van Kerkhove a tornare sui suoi passi: “Sono stata fraintesa”. Non sono mancate poi confusioni sulla resistenza del Covid sulle superfici e sulle tempistiche per il vaccino.

Fauci tra errori e querelle con Trump

Anche gli Usa si sono trovati di fronte a un dibattito scientifico e politico spesso confusionario. Da un lato per le frizioni tra l’allora presidente Donald J. Trump e l’autorevole immunologo Anthony Fauci, consulente della Casa Bianca per combattere la pandemia; dall’altro per le contraddizioni o le previsioni errate di cui lo stesso Fauci si è reso protagonista. Ad esempio quella del 26 febbraio 2020, secondo cui c’era un rischio “molto, molto basso” che il virus si diffondesse negli Usa. O quella sulla fine della pandemia negli Usa, che dalle stime ottimistiche dello scorso anno è slittata almeno alla primavera del 2022.

Poi la questione delle mascherine. L’8 marzo 2020, infatti, Fauci dichiarava che “per adesso negli Stati Uniti le persone non dovrebbero andare in giro con le mascherine. Le persone credono di proteggersi, invece finiscono per toccarsi la faccia un sacco di volte”. Posizione molto criticata, tanto che Fauci ha dovuto ritrattare, sostenendo che all’epoca temesse che non ci fossero abbastanza Dpi per medici e infermieri. Ondivaga anche la posizione sulle chiusure.

Inizialmente Fauci sosteneva che un lockdown fosse necessario anche se doloroso. Tema, quest’ultimo, che ha sempre rappresentato un elemento di scontro con Trump, fermo sulle sue posizioni aperturiste. Successivamente, però, l’immunologo ha cambiato rotta, dicendo che non si potesse tenere il Paese chiuso per sempre. Contraddizioni si notano anche nel pensiero di Fauci circa l’origine del nuovo Coronavirus.

L’origine del virus e il caos vaccinati

Quando Trump sosteneva teorie come quella del laboratorio di Wuhan, infatti, Fauci ha dichiarato che non vi fossero prove su questo. Di recente, in un’intervista a Fox News, ha invece ribadito che “dovremmo indagare su quanto è successo in Cina. Ma ha anche detto di non essere pienamente “convinto dell’origine naturale del virus”, mettendo in discussione le (frammentarie) conclusioni a cui è giunta l’Oms.

Grande impatto sul dibattito pubblico, infine, l’ha avuta una recente uscita di Fauci sulla possibilità – seppur rara – di trasmissione del virus (e in particolare della variante Delta) da parte dei soggetti vaccinati. Dichiarazione che ha generato molto scalpore, spingendo l’Amministrazione Biden a reintrodurre l’obbligo di mascherina al chiuso tolto in precedenza. Ma che ha anche messo in discussione strumenti di contenimento come il green pass, adottato da diverse cancellerie europee, soprattutto alla luce delle poco confortanti notizie da Israele sul calo di efficacia dei vaccini.

Politica Usa, poche idee (ma confuse)

Dopo la scienza, è il turno della politica. Negli Usa, infatti, non sono mancate uscite contrastanti da parte dei leader di ogni schieramento. A partire dall’ex presidente Trump che – almeno fino a luglio 2020 – si è sempre mostrato in pubblico senza mascherina, non senza doppi fini propagandistici. Poi ha promosso cure basate su farmaci non testati, arrivando perfino a suggerire di “iniettare in vena” dei disinfettanti.

Non mancano gli scivoloni anche sul fronte democratico. A partire dalla speaker della Camera, Nancy Pelosi, tra le più importanti promotrici dell’utilizzo delle mascherine, tanto da diventarne una vera e propria collezionista attirando così la curiosità di molti. Peccato che, se non a parole, la stessa Pelosi si sia ‘smentita’ con i suoi comportamenti.

Nel mirino ci sono alcune di fotografie in cui posa senza mascherina anche se circondata da un folto numero di persone e senza mantenere la distanza interpersonale. E, in un caso, è stata anche pizzicata al chiuso, in un parrucchiere di San Francisco, senza protezione sul volto. Immagini che hanno fatto discutere, soprattutto alla luce delle parole che Pelosi, lo scorso anno, riservava al tycoon, definito un “codardo” proprio perché non indossava la mascherina.

La pandemia e il disastro in Brasile

E non va tanto meglio neppure 6mila chilometri più a Sud, in Brasile, lo Stato più popoloso del Sud America. Qui a fare il bello e il cattivo tempo ci ha pensato il presidente Jair Bolsonaro, a lungo fermo su tesi negazioniste della pandemia. Nel marzo dello scorso anno, ad esempio, ha largamente sottovalutato la portata dell’emergenza, sostenendo al contrario che i danni maggiori per l’economia derivassero dalla una reazione esagerata. Addirittura si è spinto a parlare di “nevrosi” e “isterismo” in rapporto al Covid-19.

In questo caso, l’assenza di chiarezza deriva dai contrasti fra Bolsonaro e i suoi ministri della Salute (ben due si sono dimessi nell’ultimo anno). Mentre il 29 marzo 2020 l’allora ministro Luiz Henrique Mandetta ribadiva le norme sull’isolamento sociale, l’indomani il presidente brasiliano sfilava per Brasilia concedendo selfie e saluti ai cittadini, in palese violazione delle misure anti Covid. In poco tempo, però, l’emergenza sanitaria ha travolto il Brasile, dove ad oggi si contano oltre 580mila decessi.

La gravità della situazione ha quindi spinto Bolsonaro a ritrattare le sue dichiarazioni precedenti, virando da un virus “poco più di un’influenza” a “la più grande sfida della nostra generazione”. Parole che, però, non hanno portato a fatti concreti, tanto che la gestione della pandemia in Brasile si è rivelata fra le più deficitarie del pianeta. E, forse, se n’è accorto lo stesso Bolsonaro, che una volta persa la bussola si è lasciato andare a un’uscita più scomposta dell’altra. Compresa la tetra “mi dispiace per le vittime di Covid, ma moriremo tutti.

Alessandro Boldrini

Classe 1998, laureato in Scienze Umanistiche per la Comunicazione alla Statale di Milano, sono giornalista pubblicista dal 2019. Mi occupo di cronaca nera, giudiziaria e inchieste sulla criminalità organizzata. Ho mosso i primi passi nella cronaca locale, fino a collaborare con il quotidiano statunitense The Wall Street Journal. Sono un attivista antimafia e partecipo come relatore ad assemblee pubbliche sul tema al fianco di magistrati ed esperti del settore. Amo il calcio, la musica, il cinema e la fotografia.

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