Kim Jong-Un in lacrime chiede alle donne della Corea del Nord di fare più figli per contrastare il declino delle nascite che mina le fondamenta del Paese. È l’appello che il dittatore ha lanciato alle donne riunite per la Conferenza nazionale delle madri a Pyongyang, la prima organizzata in undici anni. Un discorso accorato, tra lacrime e singhiozzi, con ampio ricorso al fazzoletto per asciugarsi il viso. “Dobbiamo fermare il declino delle nascite e fornire una buona assistenza e istruzione ai bambini”, ha detto il leader nordcoreano rivolgendosi alla platea femminile commossa e in religioso ascolto.
A loro ha affidato il “compito rivoluzionario primario” di arrestare il calo della natalità per il bene del Paese. E ha indicato la via per riempire le culle vuote. È necessario eliminare “le pratiche anti-socialiste che recentemente sono aumentate, promuovendo l’armonia in famiglia e l’unità sociale, stabilendo un modello appropriato di vita culturale e sociale, consentendo ai valori comunisti della solidarietà di prevalere nella nostra società, fermando il declino delle nascite e prendendosi cura dei bambini con un’educazione efficace”.
Al pari degli altri Paesi dell’Asia orientale, anche la Corea del Nord sarebbe alle preso col calo demografico. L’ultimo censimento reso noto, quello del 2008, indica una popolazione di 24 milioni di persone. Secondo l’agenzia di statistica di Seul il numero degli abitanti ora si aggirerebbe attorno ai 25,7 milioni.
Il Paese farebbe i conti con un calo delle nascite, evidente soprattutto nell’ultimo decennio: da 1,88 bambini in media per donna nel 2014 a 1,79 nel 2022. Un declino imputabile, spiega l’istituto Hyunday di Seul, ai programmi per il controllo delle nascite promossi negli anni ‘70 e ‘80 e soprattutto alla carestia che a metà degli anni ‘90 ha colpito il Paese uccidendo centinaia di migliaia di persone. E le prospettive per il futuro non appaiono rosee. L’istituto prevede un ulteriore calo della popolazione nei prossimi dieci anni per scivolare sotto i 24 milioni nel 2070.
Il tasso di denatalità è ancora lontano rispetto a quello che sperimenta la vicina Corea del Sud, lo 0,78 – in calo dall’1,20 del 2014 – il più basso tra le economie avanzate. Eppure il quadro resta preoccupante per il regime che ha bisogno di un numero consistente di lavoratori per tenere a galla l’economia fiaccata da pesanti sanzioni occidentali. La Corea del Nord resta uno degli Stati più poveri al mondo e non può permettersi tassi di natalità da Paese sviluppato.
L’invecchiamento della popolazione è l’altra faccia del calo delle nascite. Già vent’anni fa il 7% degli nordcoreani aveva più di 65 anni.
Anche a Pyongyang l’atteggiamento nei confronti del matrimonio sarebbe cambiato tra le nuove generazioni, complice anche l’influsso della cultura pop sudcoreana che arriva attraverso il cinema importato di contrabbando. Convolare a nozze non sarebbe più una priorità per una parte dei giovani nordcoreani, che sempre più numerosi di oppongono ai matrimoni combinati e scelgono di restare single. Il tipo di comportamenti “anti-socialisti” stigmatizzati dal leader di Pyongyang.
Sullo sfondo resta la cronica insicurezza alimentare della popolazione che spinge le famiglie a rinunciare ad avere un secondo figlio per non avere troppe bocche da sfamare. Secondo le Nazioni Unite, oltre 10 milioni di persone, il 42% della popolazione, soffrono la fame e sono a rischio malnutrizione. Un dato in crescita rispetto al 34% circa registrato tra il 2004 e il 2006. L’Unicef stima in 300mila (oltre il 18% del totale) i bambini con meno di 5 anni affetti da arresto della crescita.
La mancanza di cibo è un problema che affligge la Corea del Nord da decenni. Per questo il Paese dipende dalle importazioni della Cina. Secondo i dati della dogana di Pechino, nei primi mesi del 2023 il Dragone ha più che raddoppiato l’import di derrate per alleviare la crisi alimentare.
Per invertire la tendenza, secondo i media di Stato, il governo avrebbe quindi introdotto una serie di misure a favore delle famiglie con tre o più figli, dagli alloggi gratuiti da assegnare in via preferenziale ai nuclei numerosi ai sussidi statali per cibo e farmaci. Ma a quanto pare non basta a convincere le donne coreane a procreare. Da qui il ricorso alla supplica e il richiamo al dovere nei confronti della Repubblica Popolare.
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