Il 5 novembre è il giorno delle elezioni in Usa: come verrà eletto il prossimo inquilino della Casa Bianca?
Martedì 5 novembre, gli Stati Uniti si preparano a eleggere il prossimo presidente attraverso un sistema elettorale complesso, diverso da quelli europei e spesso difficile da interpretare. Il presidente non viene scelto direttamente tramite il voto popolare ma attraverso una struttura articolata che prevede la distribuzione di grandi elettori in ciascuno dei 50 stati e nel distretto di Washington D.C. Comprendere i dettagli di questo meccanismo è fondamentale per seguire gli sviluppi elettorali e le possibili dinamiche che potrebbero emergere.
Le elezioni presidenziali statunitensi rappresentano un evento di portata globale. Le loro modalità, tuttavia, sono tutt’altro che semplici e hanno radici storiche profonde, frutto di un sistema di pesi e contrappesi unico. Mentre gli elettori americani si preparano a scegliere il loro prossimo leader, il mondo guarda con attenzione, consapevole che le scelte fatte in questi giorni avranno un impatto globale per i prossimi anni. Il 5 novembre darà il via a una serie di eventi e passaggi formali che si concluderanno con l’insediamento del nuovo presidente il 20 gennaio 2025, definendo così il futuro politico degli Stati Uniti e influenzando le dinamiche internazionali.
La particolarità del sistema elettorale statunitense risiede nell’istituzione dei “grandi elettori” (electors), che rappresentano simbolicamente dei punti assegnati a ciascuno stato. La quantità di questi grandi elettori per stato non è proporzionale alla dimensione geografica, ma alla popolazione, per un totale complessivo di 538 grandi elettori a livello nazionale. Per vincere le elezioni, un candidato deve ottenere almeno 270 voti elettorali, cioè la metà più uno.
In ogni stato, il numero di grandi elettori assegnati al vincitore varia: la Pennsylvania, per esempio, ne assegna 19, mentre la California ne dispone di 54, essendo uno degli stati più popolosi. Gli elettori di ciascuno stato eleggono, quindi, una lista di grandi elettori associati al candidato presidenziale che riceve la maggioranza dei voti in quello stato. Questo significa che in uno stato come la Pennsylvania, se un candidato vince anche con un solo voto in più rispetto all’altro, riceverà l’intero pacchetto dei 19 grandi elettori.
Tranne per due eccezioni – Maine e Nebraska – ogni stato adotta un sistema di tipo “winner-takes-all” (chi vince prende tutto). Questo implica che il candidato che ottiene la maggioranza dei voti in uno stato guadagna automaticamente tutti i suoi grandi elettori. Le eccezioni in Maine e Nebraska prevedono che alcuni grandi elettori vengano distribuiti in base ai voti nei singoli distretti congressuali.
I grandi elettori sono figure reali, spesso attivisti, volontari o membri di fiducia dei partiti, che vengono selezionati dai candidati presidenziali in ogni stato. Il loro ruolo è di formalizzare il voto per il candidato che li ha scelti, rispettando quindi la volontà degli elettori dello stato. Sebbene i grandi elettori siano legalmente liberi di esprimere il voto per chi desiderano, generalmente seguono le indicazioni del partito di appartenenza. Solo in rare occasioni alcuni grandi elettori – detti “faithless electors” – hanno deciso di votare in modo diverso, senza però influenzare mai il risultato finale delle elezioni.
Il 5 novembre rappresenta solo la prima fase del processo. I grandi elettori non si riuniscono fisicamente per esprimere il loro voto ma, il martedì successivo al secondo mercoledì di dicembre, ciascuno di loro si reca nella capitale del proprio stato per votare formalmente il presidente e il vicepresidente. Quest’anno la data è fissata per il 17 dicembre. Successivamente, i voti dei grandi elettori vengono inviati al Congresso degli Stati Uniti, dove il vicepresidente in carica li convalida in una sessione formale che si tiene solitamente il 6 gennaio dell’anno successivo.
Questo passaggio, solitamente simbolico, ha assunto rilevanza nel 2021, quando l’allora vicepresidente Mike Pence si trovò al centro di un tentativo di interferenza da parte dei sostenitori di Donald Trump. Il 6 gennaio 2021, un assalto al Congresso cercò di impedire la ratifica della vittoria di Joe Biden, causando un’onda di reazioni giudiziarie e politiche.
Con un totale di 538 grandi elettori, è possibile – anche se improbabile – che l’elezione finisca in parità, con 269 voti elettorali per ciascun candidato. In questo caso, la Costituzione degli Stati Uniti stabilisce che sarà il Congresso a decidere: la Camera dei Rappresentanti eleggerebbe il presidente, mentre il Senato sceglierebbe il vicepresidente. Questa eventualità renderebbe cruciale la composizione del nuovo Congresso, che si rinnova con le elezioni di novembre, quando saranno scelti tutti i 435 membri della Camera e 33 membri del Senato.
Uno degli aspetti più discussi del sistema elettorale statunitense è la possibilità che un candidato vinca la presidenza pur ottenendo meno voti popolari rispetto all’avversario. È accaduto diverse volte nella storia americana, come nel 2016, quando Hillary Clinton ottenne circa tre milioni di voti in più di Donald Trump, ma quest’ultimo riuscì a conquistare abbastanza stati da garantirsi 306 grandi elettori. Il voto popolare a livello nazionale, quindi, non determina direttamente il vincitore delle elezioni presidenziali.
La giornata ufficiale delle elezioni, il 5 novembre, è in realtà solo l’ultimo giorno utile per votare. Molti stati consentono agli elettori di esprimere la propria preferenza con largo anticipo, utilizzando sia il voto per posta sia quello in presenza. Il sistema del voto per posta consente agli elettori di ricevere la scheda elettorale a casa, compilarla e restituirla per posta o depositarla nelle apposite “drop box”.
Le modalità di voto anticipato e per posta hanno causato dibattiti significativi, soprattutto nel 2020, quando Trump sollevò dubbi sulla loro integrità, pur senza prove concrete. Quest’anno, tuttavia, Trump ha adottato un approccio diverso, incoraggiando il voto anticipato, considerando che la mobilitazione degli elettori repubblicani potrebbe trarre vantaggio da queste modalità.
Il sistema elettorale statunitense, complesso e spesso criticato, riflette un compromesso tra rappresentanza popolare e federale. Pur consentendo a ogni stato di esercitare un potere elettorale proporzionale alla propria popolazione, il meccanismo dei grandi elettori fa sì che gli stati chiave, come Florida, Pennsylvania e Michigan, assumano un ruolo determinante. Questi stati, che spesso cambiano orientamento politico tra una elezione e l’altra, ricevono un’attenzione particolare dai candidati, che concentrano qui gran parte delle loro risorse e sforzi per ottenere la maggioranza dei voti.
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