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MONDO

Cina, perché la crisi energetica fa scattare l’allarme globale

La Cina sta affrontando una crisi energetica che potrebbe avere gravi ripercussioni sulle economie mondiali. Sono almeno 17 le province e regioni cinesi che hanno annunciato tagli alla produzione di energia. Una crisi che si sta allargando e che coinvolge un’area a cui si deve circa il 66% del prodotto interno lordo del Paese. I problemi del sistema energetico hanno costretto molti impianti a tagli alla produzione. Il governo ha invitato i cittadini a razionare i consumi elettrici, ma in diverse città sono già iniziati i black out e i problemi al riscaldamento.

La Cina rischia il collasso energetico

Una crisi particolarmente sentita soprattutto in vista dell’inverno, quando proprio per provvedere al  riscaldamento le fabbriche sono costrette a produrre più energia. Ma è un problema anche per le esportazioni: a tre mesi dal Natale, questo è il periodo in cui le fabbriche cinesi lavorano a pieno regime per produrre giocattoli e accessori tecnologici dedicati ai mercati occidentali. Le autorità hanno intrapreso misure per assicurare la produzione di energia ed evitare ulteriori tagli. Tuttavia la situazione non sembra in via di miglioramento, almeno nel prossimo futuro. In alcune aree, i black out hanno colpito anche il funzionamento degli ascensori negli stabili più alti, dei semafori e dell’illuminazione stradale.

Le ragioni dietro alla crisi energetica cinese

Negli ultimi mesi la produzione cinese aveva già sofferto di rallentamenti, ma senza arrivare al collasso elettrico. Diversi sono i motivi che hanno condotto il Paese a questa situazione. Tra questi, la crisi del colosso immobiliare Evergrande, che ha fatto tremare i mercati, ma anche i prezzi da record raggiunti dal carbone. Anche in Italia sono infatti previsti aumenti delle bollette nel prossimo futuro.

La crisi della rete energetica passa anche attraverso i delicati equilibri geopolitici con l’Australia che ha causato una drastica riduzione nell’importazione del carbone dall’isola. Infine, le fabbriche cinesi sono state costrette a tagliare le emissioni inquinanti, anche per una questione legata al cambiamento climatico. Il presidente cinese Xi Jinping aveva infatti annunciato alle Nazioni Uniti gli obiettivi cinesi sul clima. Il presidente aveva annunciato il taglio delle emissioni del 65% entro il 2030.

In qualità di primo produttore mondiale di anidride carbonica e altri gas inquinanti, la capacità della Cina di ridurre le emissioni è considerata fondamentale nella lotta globale contro il cambiamento climatico.

Secondo la la National Development and Reform Commission (NDRC), solo 10 delle 30 regioni della Cina hanno raggiunto i propri obiettivi di riduzione energetica nei primi sei mesi del 2021. Di conseguenza, la NDRC ha annunciato a metà settembre punizioni più severe per le regioni che non riescono a raggiungere i propri obiettivi, costringendo le fabbriche a rallentare di colpo la produzione.

Giulia Martensini

Classe '89, sono laureata in Giornalismo e Cultura Editoriale e mi occupo da diversi anni di redazione di contenuti per l'online e articoli in ottica SEO. Nata a Brescia, ho vissuto a Parma e Milano con una parentesi di 10 mesi a Salamanca. Lettrice accanita ed ex attivista di Greenpeace Italia, scrivo soprattutto di attualità, sostenibilità e cultura.

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