Complice l’eccezionale ondata di calore che ha investito il Paese, la Grecia continua a bruciare. Mentre gli incendi boschivi divampati nei giorni scorsi nella regione a ovest di Atene sono stati contenuti, restano critici gli altri due fronti interessati dai roghi, l’isola di Rodi e la cittadina di Loutraki, nella regione di Corinto. Sono già migliaia le persone evacuate, inclusi 1.200 bambini di un campo estivo.
Il caldo torrido non dà tregua. La colonnina di mercurio nei prossimi giorni è prevista sopra i 40 gradi. E il timore è che le temperature bollenti possano innescare nuovi incendi. Intanto il ministro della Cultura ellenico ha annunciato la chiusura fino al 23 luglio di tutti i siti archeologici, inclusa l’Acropoli, tra le 12 e le 5 del pomeriggio.
Ma non è solo la Grecia a dover fare i conti con i roghi. Tra i Paesi più colpiti c’è il Canada, alle prese con la peggiore stagione degli incendi mai registrata. Dall’inizio dell’anno si stima siano andati in fumo 10 milioni di ettari di territorio, un’area equivalente a Belgio e Irlanda messi assieme. La situazione è senza precedenti, con oltre 900 incendi attivi al momento, secondo i dati nazionali del Canadian Interagency Wildfire Center.
Una densa coltre di fumo si è estesa fino agli Stati Uniti, oscurando i cieli in South Dakota e Washington. E le speranze di mettere a bada le fiamme al momento appaiono fosche. Come ha spiegato alla Cnn il comandante delle emergenze Matt Rau,”quando gli incendi bruciano in questo modo, le persone non sono in grado di fermare le fiamme. Non ci sono risorse a terra o dal cielo che possano fermare il fuoco quando prende il sopravvento”. Solo nelle ultime settimane, due vigili del fuoco hanno perso la vita.
Pe cercare di spegnere le fiamme al momento sono al lavoro quasi 4mila vigili del fuoco. Altri 1.800 agenti sono giunti da Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda e Sudafrica, Francia, Messico, Spagna, Portogallo, Cile e Italia.
All’origine degli incendi ci sono siccità e temperature anomale, sopra la media, fenomeni entrambi riconducibili al cambiamento climatico. Il caldo record e l’assenza prolungata delle piogge infatti hanno causato un’anticipazione della stagione degli incendi, che di norma è compresa tra giugno e agosto. Così già nel mese di aprile le fiamme hanno colpito la British Columbia e l’Alberta, a ovest del Canada. Nelle settimane seguenti è stata la volta delle province della Nuova Scozia, del Quebec e dell’Ontario, nell’est del Paese.
Le previsione per il resto dell’estate d’altra parte non lasciano spazio all’ottimismo. Secondo il governo canadese, nelle prossime settimane si svilupperanno molti altri incendi, gravi e estesi, a causa delle temperature bollenti previste alla fine di luglio e nel mese di agosto.
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