Anche i meno esperti di politica estera non faticheranno a ravvisare delle somiglianze tra il tentato golpe di Brasilia avvenuto ieri, domenica otto gennaio, e quello di Capitol Hill, che ha scosso la democrazia degli Stati Uniti il 6 gennaio 2021. In entrambi i casi si parla di assalti a luoghi che rappresentano l’ordine e il potere, organizzati dai sostenitori di un presidente uscente per contestare il risultato delle ultime elezioni.
Per contrastare l’insediamento di un nuovo leader, percepito come “illegittimo”, i più affezionati alla precedente élite hanno dato libero sfogo a rabbia e violenza, mettendo a ferro e fuoco dei luoghi ritenuti inviolabili, simboli di un meccanismo democratico che dal loro punto di vista non funziona più come dovrebbe.
Proprio come Donald Trump due anni, nelle ultime ore anche Jair Bolsonaro, l’ex presidente del Brasile, è stato accusato di aver provocato l’assalto al Palazzo presidenziale, al Congresso e alla Corte Suprema di Brasilia. Luiz Inácio Lula da Silva, il nuovo presidente del Brasile, ha puntato il dito contro il suo predecessore, definendo quanto avvenuta “una sua responsabilità”. Ha anche definito “fascisti e nazisti” gli assalitori e ha dichiarato che “si renderanno conto che la democrazia garantisce il diritto alla libera espressione, ma richiede anche alle persone di rispettare le istituzioni”.
Anche Joe Biden chiese a Trump di assumersi le sue responsabilità a poche ore di distanza dagli eventi di Capitol Hill. In un primo momento il tycoon non fece nulla di concreto per fermare i suoi sostenitori, gettando anzi benzina sul fuoco con alcuni tweet difficili da equivocare. Pur invitando i manifestanti a non ricorrere alla violenza, in un secondo momento lì definì dei “patrioti trattati in modo ingiusto per troppo a lungo”. Solo il giorno successivo, quando venne ratificato il risultato delle elezioni, Trump pubblicò un video in cui condannò in modo esplicito l’assalto e riconobbe la vittoria di Biden.
Bolsonaro, invece, ha aspettato meno a lungo per condannare quanto avvenuto a Brasilia. “Le manifestazioni pacifiche, secondo la legge, fanno parte della democrazia. I saccheggi e le invasioni di edifici pubblici come quelli avvenuti oggi, così come quelli praticati dalla sinistra nel 2013 e nel 2017, sono illegali”, ha dichiarato. Ha poi respinto le accuse di Lula, definendole prive di prove. “Durante tutto il mio mandato sono sempre stato nel perimetro della Costituzione, rispettando e difendendo le leggi, la trasparenza e la nostra sacra libertà”.
Entrambi i tentativi di golpe hanno causato dei danni ingenti ai palazzi del potere. Al termine dell’assalto di Capitol Hill c’erano vetri rotti, cataste di mobili e spazzatura a perdita d’occhio. A Brasilia la situazione è simile e, come si evince dalle foto diffuse sui social media, sono anche stati danneggiati dei dipinti dal valore inestimabile.
In entrambi i casi, parte dei responsabili dell’assalto sono stati catturati dalle forze dell’ordine. Nel caso di Capitol Hill, nel corso dei mesi successivi al tentato golpe sono state arrestate e messe sotto accusa più di 725 persone. In Brasile, invece, ne sono già state ammanettate più di 400 a meno di 24 ore di distanza dal fattaccio.
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