Biden, un anno alla Casa Bianca: il bilancio di 12 (complicati) mesi

Il 20 gennaio 2021 Joseph R. Biden si era ripromesso di timonare gli Stati Uniti d’America fuori dalle acque agitate della crisi pandemica e riportarli al centro delle relazioni internazionali. Era l’Inauguration Day, giorno in cui l’attuale presidente degli Usa si insediò alla Casa Bianca, due settimane dopo dopo la bufera dell’assalto al Congresso da parte di una folla di dimostranti pro-Trump. A un anno esatto di distanza, tuttavia, Biden naviga in acque burrascose. Con la politica estera rimasta in secondo piano (con la significativa, ma breve, eccezione dell’Afghanistan), gli affari interni hanno assorbito la maggior parte delle sue attenzioni durante i primi 12 mesi della sua presidenza. I risultati sono però ancora in chiaroscuro.

La lotta al Covid azzoppata dalle varianti (e dalla Corte Suprema)

Inizialmente, la lotta al Covid-19 è stata un successo. Biden ha profuso grandi energie nella campagna vaccinale, che fino alla primavera inoltrata del 2021 ha visto gli Stati Uniti all’avanguardia sul piano internazionale. I contagi sono calati drasticamente. Tuttavia la situazione è peggiorata durante l’estate, quando è emersa in maniera dominante la variante Delta. Con l’arrivo di Omicron in autunno le cose si sono poi ulteriormente aggravate. L’opposizione alle nuove misure anti-Covid è stata portata avanti soprattutto dai Repubblicani, sospinti da un elettorato conservatore critico del vaccino. E anche la Corte Suprema, in cui i giudici conservatori hanno una supermaggioranza (6-3), ha ostacolato gli sforzi di Biden, invalidandone la direttiva che imponeva l’obbligo di vaccinazione o continui test per i lavoratori delle grandi aziende. Così, il tasso di vaccinazione (due dosi) negli Stati Uniti è ora tra i più bassi nei Paesi occidentali (62%).

L’ombra dell’inflazione sull’economia

Biden può rivendicare il merito di avere contribuito alla riapertura e ripresa dell’economia con la campagna vaccinale e il sostegno alle famiglie e ai disoccupati, garantiti dai 1.900 miliardi di dollari allocati dall’American Rescue Plan Act votato dal Congresso a marzo. Eppure, almeno stando ai media e ai sondaggi, l’aria che si respira negli Stati Uniti è più di preoccupazione. La ragione sta nell’impennata dell’inflazione, che a dicembre è cresciuta del 7%. Si tratta del tasso più alto da 40 anni a questa parte. Le cause includono le interruzioni nelle catene globali di approvvigionamento merci seguite alla crisi del Covid e la crescente domanda energetica. Dopo aver insistito per mesi che si trattava di un fenomeno passeggero, l’Amministrazione Biden deve ora fronteggiare la prospettiva di un rialzo dei tassi di interesse da parte della Fed. Tutto questo rischierebbe di rallentare la crescita.

Il rischio di perdere la maggioranza dopo le elezioni di midterms

Se l’economia tornasse a stentare sarebbe il colpo di grazia alle speranze dei Democratici di conservare la maggioranza alla Camera e forse anche al Senato alle elezioni di metà mandato (midterms) di novembre. Biden sconta anche l’insoddisfazione dell’elettorato progressista per aver mancato di far approvare dal Congresso le riforme sociali del cosiddetto Build Back Better Act (assistenza all’infanzia, ferie pagate, aumento di asili nido, accesso gratuito ai college pubblici e sussidi per l’assicurazione sanitaria) e due leggi a tutela del diritto di voto. Nonostante i suoi sforzi, Biden non è riuscito a superare le riserve dei più moderati tra i Democratici in Senato, Joe Manchin (West Virginia) e Kyrstin Sinema (Arizona). Il primo si è opposto alle riforme sociali. La seconda avversa l’abolizione del flibustering, necessaria perché i Democratici possano varare le leggi a tutela del voto.

Senza le riforme sociali in cantiere sarà molto difficile per i Democratici mobilitare il loro elettorato. Anche perché Biden è crollato nei sondaggi (la media lo dà al 41-42%). E senza le leggi a tutela del voto i Repubblicani si avvantaggeranno delle misure, introdotte in diversi stati chiave, che rendono più difficile votare alle minoranze tendenzialmente democratiche. Aumenteranno il controllo politico delle autorità deputate a certificare le elezioni. Oppure ridisegneranno le circoscrizioni elettorali in modo da privilegiare i candidati conservatori.

Che cosa può salvare Biden

L’Infrastructure Investment and Jobs Act, approvato a novembre, comincerà a dare frutti nel corso del 2022. La speranza per Biden, è che questo compensi gli effetti negativi sull’economia dell’atteso rialzo degli interessi (che dovrebbe però riportare l’inflazione sotto controllo). Biden deve anche puntare a un’attenuazione entro l’estate del Covid. Solo la combinazione di questi fattori può garantire che i Democratici mantengano il controllo di almeno una delle due camere (probabilmente il Senato). Altrimenti, a partire da gennaio 2023 Biden si troverà a che fare con un Congresso a maggioranza repubblicana, che non solo bloccherà del tutto la sua agenda legislativa (la cosiddetta “anatra zoppa”) ma ne ostacolerà l’operato in ogni modo per indebolirlo in vista delle presidenziali del 2024.

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