Julian Assange, il fondatore di WikiLeaks, resta in detenzione. Il verdetto del giudice distrettuale Vanessa Baraitser è arrivato due giorni dopo il suo “no” alla richiesta di estradizione negli Stati Uniti. Il giudice ha negato la cauzione per pericolo di fuga. Assange, dunque, non potrà tornare libero dopo i sette anni trascorsi da rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra e i quasi due in carcere nella prigione di massima sicurezza britannica di Belmarsh. Per il momento il 49enne attivista e giornalista australiano dovrà restare in cella, in attesa dei ricorsi preannunciati da Washington.
Nel corso di un’udienza ad hoc l’avvocato difensore Edward Fitzgerald aveva sostenuto la richiesta di rilascio sulla base del responso di primo grado di rifiuto dell’estradizione emesso dalla stessa giudice Baraitser. Il legale aveva anche evocato almeno un confinamento agli arresti domiciliari per Assange, con la moglie Stella Morris e i loro due figli piccoli, in un’abitazione di Londra. Il giudice ha fatto pesare la violazione della libertà su cauzione concessa nel 2021, quando il cofondatore di WikiLeaks ne approfittò per nascondersi nell’ambasciata dell’Ecuador. Baraitser, inoltre, ha espresso la convinzione che nel carcere di Belmarsh la salute mentale di Assange sia garantita da una buona assistenza medica.
In seguito al verdetto, Fitzgerald ha annunciato appello all’Alta Corte britannica. I sostenitori di Assange, invece, hanno espresso disappunto per una sentenza che lascia in carcere un uomo che al momento nel Regno Unito non è accusato di nulla e che già da 15 mesi non ha più alcuna pendenza residua con la legge britannica.
Due giorni fa, Vanessa Baraitser ha respinto l’istanza di estradizione di Assange negli Stati Uniti. La decisione è legata alle condizioni di salute del cofondatore di WikiLeaks. L’uomo, infatti, oltre a soffrire di depressione, avrebbe anche delle tendenze suicide, almeno secondo gli psichiatri che lo hanno visitato in carcere.
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