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“La storia di Raja è una storia di paura, ma anche di resistenza“. È il racconto di Antonella Polisena, collaboratrice di Casa delle donne di Milano che, insieme ad altre 78 associazioni hanno chiesto l’immediata apertura di corridoi umanitari con l’Afghanistan.
Raja è solo una dei tanti giovani e soprattutto delle donne che stanno subendo sulla propria pelle l’avanzata dei talebani. Trovandosi a vivere in un mondo che non riconoscono più. “Lei, da studentessa, è rimasta molto colpita dall’occupazione dell’Università di Kabul“, ha spiegato Polisena. Che ha voluto anche inquadrare quale fosse il precedente clima nell’ateneo dell’Afghanistan. “Si tratta di un luogo che ospita una comunità vivace di studenti internazionali, che hanno avuto rapporti con l’Occidente. Proprio questo rapporto è oggi bollato come criminalizzante, e si sta cercando di eliminarne ogni possibile traccia“.
La popolazione dell’Afghanistan, dunque, sta provando a organizzarsi. E Polisena ha potuto condividere ciò che stanno facendo Raja e la sua famiglia: “Ci sono piccoli atti quotidiani di solidarietà, che poi fondano un sentimento di resistenza. Primo tra tutti è quello della distribuzione dei burqa. E sono quelli delle loro nonne, perché chiaramente nessuno li utilizzava più. Stanno quindi distribuendo quelli che trovano, e che risalgono ad almeno vent’anni fa“.
Peraltro, come ha spiegato Raja, le differenze sono molto profonde anche a seconda delle diverse zone dell’Afghanistan. “C’è una situazione molto diversa tra Kabul e le altre città – ha aggiunto Polisena –. Fuori dalla capitale la violenza è molto maggiore. Lei aveva previsto una situazione simile, ma non si aspettava un’ascesa così repentina. Credevano in un diverso supporto internazionale e sono risentiti“.
Ora Raja, in questo clima in cui il terrore si fonde con la mobilitazione, si sta nascondendo. “È chiusa in casa con la sua famiglia e stanno proteggendo la sorella più piccola. Non è fiduciosa di questa ‘prospettiva di facciata’ dei talebani. Chiede di parlarne il più possibile per non essere abbandonati“, ha concluso Polisena. Grazie a cui abbiamo un quadro più preciso della vita quotidiana in Afghanistan. In particolare per chi sta subendo l’ascesa dei talebani.
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