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MONDO

Afghanistan, i talebani pianificano un nuovo sistema di video sorveglianza. E si affidano alla Cina

I talebani vogliono rinnovare l’impianto di video sorveglianza che controlla la capitale Kabul e altre città afghane. E per farlo pensano di affidarsi ai cinesi di Huawei.

Nel Paese sono dispiegate già oltre 62mila video telecamere. Risalgono al 2008, quando il Paese era in larga parte dipendente dai finanziamenti dell’Occidente.

L’intenzione è quella di riconfigurare il piano messo a punto dalle forze a guida Nato prima del ritiro nell’agosto del 2021, ha spiegato il portavoce del ministro dell’interno afgano Abdul Mateen Qani. Per ora ci sarebbero stati solo incontri interlocutori con il colosso tecnologico cinese. Nessun accordo ufficiale. “Solo una chiacchierata”, ha riferito Qani all’agenzia Reuters.

I costi e la rete elettrica intermittente

Un piano ambizioso che si scontra però con la realtà di un Paese alle prese con una drammatica crisi economica, complice il ritiro di gran parte degli aiuti internazionali. Senza parlare della rete elettrica che lascia il 60% della popolazione al buio, secondo il gestore pubblico.

La repressione delle libertà

Sullo sfondo restano i timori di attivisti e organizzazioni per i diritti umani che il progetto del regime talebano altro non sia che un altro giro di vite per reprimere le voci dissenzienti e comprimere ulteriormente le libertà fondamentali della popolazione, a cominciare dalle donne.

Secondo Amnesty International, si tratta di un sistema di “sorveglianza di massa mascherato da piano di sicurezza nazionale”, congegnato per consentire al regime talebano “di proseguire le sue politiche draconiane in violazione dei diritti fondamentali della popolazione afgana, specialmente delle donne, nei luoghi pubblici”.

Foto | Pixabay / ArmyAmber – Newsby.it

Senza contare “il diritto alla privacy e alle libertà di assembla e di espressione”, che saranno ulteriormente erosi col nuovo sistema di video sorveglianza, mette in guardia Matt Mahmoudi, esperto di intelligenza artificiale e diritti umani dell’Ong.

I talebani dal canto loro negano che il nuovo sistema di sorveglianza miri a reprimere i diritti degli afgani. Qani lo ha paragonato a quello di altre grande città in giro per il mondo e ha assicurato che opererà in linea con i dettami della legge islamica, che vieta la registrazione negli spazi privati.

D’altra parte, secondo gli analisti, un sistema di sorveglianza in città difficilmente potrà rappresentare una minaccia per i miliziani dello Stato Islamico, concentrati perlopiù nella zone montane a oriente, spiega Jonathan Schroden, analista del Center for Naval Analyses. “Mentre le videocamere posso contribuire a prevenire gli attacchi, è improbabile che possano concorrere alla loro eliminazione definitiva”.

Crisi umanitaria e violazione dei diritti umani

A due anni dalla presa di Kabul, mentre i talebani celebrano la “conquista” della capitale, un gruppo di 30 esperti delle Nazioni Unite ha rivolto un appello alla comunità internazionale affinché faccia di più per sostenere la popolazione afgana, che vive una gravissima crisi umanitaria. Si stima siano 16 milioni i bambini che non ricevono cibo o cure mediche. Quasi il doppio, il massimo storico, gli afghani bisognosi di assistenza umanitaria.

La recessione economica, avvertono, favorisce pratiche discriminatorie, oppressive e violente, come il matrimonio forzato delle giovanissime, l’abuso e lo sfruttamento economico e sessuale, la vendita di bambini e organi, il lavoro forzato minorile, la tratta di esseri umani. “Le politiche imposte alla popolazione afghana hanno portato alla continua, sistematica e scioccante soppressione di una moltitudine di diritti umani, compresi il diritto all’istruzione, al lavoro e alle libertà di espressione, riunione e associazione”, denunciano.

Gli esperti dell’Onu si sono espressi sulla base di “rapporti coerenti e credibili di esecuzioni sommarie, sparizioni forzate, detenzioni arbitrarie, torture e sfollamenti arbitrari”.

E a pagare il pezzo più alto sono, come al solito, i più vulnerabili. “I più colpiti sono le donne e le ragazze, le minoranze etniche, religiose e di altro tipo, le persone con disabilità, le persone Lgbt+”. Ma “anche i difensori dei diritti umani e altri attori della società civile, giornalisti, artisti, educatori ed ex funzionari governativi e di sicurezza”. Senza contare l’uso di punizioni crudeli, come la lapidazione e la fustigazione.

Il segno più evidente del progressivo deterioramento della condizione delle donne in Afghanistan è l’aumento allarmante dei suicidi e dei tentativi di suicidio, come ha documento una recente inchiesta del quotidiano britannico The Guardian. “Un numero crescente di donne e ragazze preferisce morire piuttosto che vivere nelle condizioni attuali“, ha spiegato Un Women, l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere e l’empowerment femminile.

Federica Giovannetti

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