Afghanistan, quale futuro per il Paese con i talebani

La conquista da parte dei talebani di Kabul e dell’Afghanistan sposta la lancetta indietro di vent’anni, quando i fondamentalisti islamici dominavano il Paese. Ovvero, prima dell’intervento militare di Usa e altre nazioni, tra cui Italia e Gran Bretagna. Adesso, la diplomazia mondiale discute su come poter evitare che la situazione precipiti in quello che i talebani hanno ribattezzato come Emirato islamico.

Quale domani per l’Afghanistan

In questi giorni susseguono le riunioni di emergenza della Nato e delle Nazioni Unite. La comunità internazionale può avere delle leve efficaci in questo momento? Stati Uniti ed Unione Europea si dicono pronte ad adottare pesanti sanzioni internazionali nei confronti dei talebani. Probabilmente non saranno sufficienti per mettere in crisi i talebani, perché non hanno mai temuto l’ isolamento internazionale. 

Il problema più immediato, se la situazione dovesse, come sembra, precipitare rapidamente, sarebbe quello di un flusso migratorio di eccezionali dimensioni. Al pari di quello al quale ha assistito l’Europa durante la guerra civile in Siria tra il 2012 e il 2013. E ancora una volta sarebbe la Turchia la prima nazione a farsene carico, aumentando il potere contrattuale di Erdogan nei confronti dell’Europa.

I rischi per la popolazione

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Quello che rischiano gli abitanti dell’Afghanistan è sotto gli occhi di tutti. Oggi l’Afghanistan è un Paese completamente diverso da quello di vent’anni fa. La qualità della vita è migliorata, il tasso di alfabetizzazione è cresciuto, sono molti gli ospedali a funzionare in modo accettabile.

Con il governo dei talebani tornerebbero rapidamente indietro di vent’anni. Gli afghani lo sanno, e per questo sabato hanno preso d’assalto gli aeroporti che evacuavano il personale diplomatico di Kabul per tentare di fuggire dal Paese. Alle uscite della capitale, invece, i talebani hanno allestito dei posti di blocco per assicurarsi che non vi fosse nessuna donna al volante. Una dimostrazione immediata di quello che rischiano, in particolare le donne nel neonato Emirato islamico.

I rimpianti degli Usa in Afghanistan

Solo gli Stati Uniti hanno speso 88 miliardi di dollari per formare ed equipaggiare l’esercito afghano. Circa 180mila soldati, che si sono arresti in massa di fronte all’avanzata dei talebani. La corruzione e gli interessi privati hanno fatto da padroni nella gestione degli aiuti economici. Migliaia di soldati pagati con i soldi della coalizione internazionale semplicemente non esistevano. È un esempio degli errori che le amministrazioni statunitensi succedutesi nel tempo hanno commesso in Afghanistan.

E non è l’unico rimpianto dal giorno dell’invasione dell’Afghanistan nel 2001. Il conflitto in Iraq ha distolto impegno e forze. Si è troppe volte ceduto ad eccessivo ottimismo all’idea che il governo afghano fosse in grado di gestire il Paese. Infine, il ritiro, annunciato come “irreversibile” dagli Usa e osteggiato, ad esempio, da Regno Unito e Italia, che temevano lo scenario poi verificatosi. Un Afghanistan sprofondato nel caos e in mano ai fondamentalisti.

 

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