La tragedia dell’Afghanistan continua a manifestarsi in queste ore, all’interno di confini che diventano sempre più strazianti. E il potere dei talebani si sta distinguendo per la sua ferocia, che oltre che sugli oppositori del regime si concentra purtroppo su donne e anche bambine. E una drammatica testimonianza in tal senso arriva da Pangea, onlus molto attiva sul territorio di Kabul.
L’agghiacciante racconto di Z. da Kabul
“Ieri i talebani sono stati nella scuola di mia nipote, la figlia di mio fratello. Hanno sparato in aria, hanno schiaffeggiato le bambine della quarta classe (bambine di 10-11 anni). Hanno puntato loro il fucile in faccia“, afferma Z., 37 anni. Parte dello staff Pangea a Kabul, ha raccontato questa agghiacciante vicenda che spiega a che livelli arrivi il terrore in Afghanistan. La fondazione ha quindi reso pubblico il suo racconto tramite le Instagram Stories.
Z. ha quindi proseguito nella sua testimonianza spiegando cosa devono affrontare le bambine in Afghanistan. E, soprattutto, a cosa era dovuta la rabbia dei talebani nei loro confronti: “Chiedevano urlando perché non indossassero il burqa. Sono rimaste scioccate e spaventate. Alcune si sono nascoste per la paura e fino a sera non siamo riuscite a trovarle. Noi non molliamo, ma la situazione sta davvero peggiorando“.
Il nuovo governo in Afghanistan e la missione di Pangea
L’Afghanistan ha conosciuto la composizione del nuovo governo a 24 giorni dalla presa di Kabul. Mohammad Hassan Akhund, il nuovo primo ministro, è presente nella lista Onu delle persone designate come “terroristi o associati ai terroristi“. Preoccupa anche il nome di Abdul Baqi Haqqani, nominato ministro dell’Educazione Superiore. Nel 2012 fu oggetto di sanzioni da parte dell’Unione europea per il suo ruolo nell’Emirato islamico, per “attività militari antigovernative” nel 2003 e per “organizzazione di attività militanti” nel 2009. A fine agosto aveva preannunciato: “Le studentesse continueranno a studiare in classi separate, come vuole la sharia“.
Pangea, come si legge nel sito della Fondazione, “siamo tante donne che hanno trasformato la loro vita e sono uscite da una quotidianità di violenze e discriminazioni e, con i loro figli, si stanno ricostruendo una nuova vita“. La onlus è attiva a Kabul sin dal 2003, con un progetto che nonostante l’avanzata dei talebani continua. “Abbiamo a cuore tutte le ragazze dello staff e conosciamo una per una tutte le nostre beneficiarie e i loro bambini. Ovviamente il progetto cambierà nelle prossime settimane, non abbiamo scelta. Non sappiamo ancora come, ma la cosa di cui siamo certi è che Pangea non abbandonerà l’Afghanistan: continuerà a lavorare per le donne e i loro bambini“, spiegano le attiviste. E l’esperienza di Z. rende più chiaro di qualsiasi comunicato quanto sia diventato difficile dare una mano a una popolazione che ha bisogno di aiuto ora come non mai.