L’Afghanistan è il nuovo Vietnam. Negli Stati Uniti non passa giorno senza che nell’opinione pubblica non serpeggi la convinzione che la tragica ritirata americana da Kabul sia per certi aspetti un ricorso storico di quella altrettanto tragica di Saigon negli anni ‘70. Allora fu la dottrina di Guam, elaborata dal repubblicano Richard Nixon e dal suo segretario di Stato, Henry Kissinger.
Kabul come Saigon
Oggi alla Casa Bianca siede invece Joe Biden, che ieri sera si è rivolto alla nazione in un commosso discorso dopo gli attentati targati Isis all’aeroporto di Kabul. La resa degli Usa in Afghanistan, però, è simile sia nei tempi che nei modi a quella attuata in Vietnam. Entrambe arrivano dopo circa vent’anni di guerra e il bilancio – in termini di vite umane – è tragico.
All’epoca Nixon fu travolto dalle accuse e, dopo le sue dimissioni per lo scandalo Watergate (1974), la stessa sorte toccò a Gerald Ford. E come la Storia ci insegna, ora sulla graticola c’è Biden. La Casa Bianca, infatti, è assediata da feroci polemiche. Fra i repubblicani cresce anche il fronte di chi invoca l’impeachment, se non addirittura le dimissioni immediate del presidente dem.
Fuoco incrociato su Biden
Tra questi c’è ad esempio il suo predecessore, Donald J. Trump, che afferma: “Non dovrebbe essere un grosso problema dal momento che non è stato eletto legittimamente”. Così come il deputato del Gop Mike Garcia, che per primo è uscito allo scoperto. E dice ciò che in tanti pensano fra i repubblicani: “A questo punto il presidente si deve dimettere”.
Perfino Nikki Haley, ex ambasciatrice statunitense all’Onu, agita lo spettro delle dimissioni. Haley, che in molti vedono come candidata alle elezioni 2024, mette però in guardia: secondo lei, sostituire Biden con la sua vice, Kamala Harris, potrebbe essere addirittura peggio.
C’è poi l’ipotesi dell’impeachment, caldeggiata anche da un big del partito repubblicano, il senatore della Carolina del Sud Lindsey Graham. Ma anche quella della rimozione del presidente attraverso il meccanismo del 25esimo emendamento della Costituzione.
Verso le elezioni di midterm
In entrambi i casi, però, si tratta di strade percorribili solo se il Partito Repubblicano dovesse riprendere il controllo di una delle due camere del Congresso alle elezioni di metà mandato. E il voto di midterm si avvicina pericolosamente, con Biden in caduta libera nei sondaggi e una situazione che potrebbe precipitare ancora di più.
Si preannuncia infatti una stagione di battaglia parlamentare simile a quella che i democratici hanno condotto durante la presidenza Trump. Governare i prossimi tre anni e mezzo in queste condizioni sarà davvero dura per Biden ed è in discussione tutta la sua agenda politica. Una situazione che avrà inevitabilmente delle ripercussioni anche sui dem; oltre che sul ruolo di leader degli Stati Uniti con gli alleati.
La debacle del presidente?
L’Afghanistan non ha fatto altro che aprire il vaso di Pandora. Fino alla settimana scorsa dei sondaggi rivelavano che il 60% dei cittadini americani non era interessato ai fatti di Kabul. E fino a ieri Washington avrebbe anche potuto continuare la sua narrazione vittoriosa, facendo passare la disordinata ritirata dal Paese come un successo politico-militare.
Il contrario, cioè, di quanto avvenne in Vietnam. Dopo gli attentati di ieri (e la morte di una dozzina di marines) la situazione è radicalmente cambiata. Perfino il segretario di Stato Antony Blinken lo ha ammesso: Kabul non è Saigon, l’Afghanistan non è il Vietnam. È peggio.