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“Quello che è accaduto in Afghanistan “è una catastrofe. Lo è per gli afghani, lo è per la credibilità occidentale, lo è per le relazioni internazionali. È un incubo. Non possiamo portare tutti gli afghani fuori dal Paese“. Così l’Alto rappresentante dell’Ue, Josep Borrell, in un’audizione straordinaria al Parlamento europeo.
“Da domenica stiamo affrontando una nuova realtà, in Afghanistan – ammette Borrell –. Anche se i primi 106 membri del nostro personale della delegazione europea sono atterrati a Madrid, non possiamo traghettare tutti gli afghani dal Paese. Quindi la situazione sicuramente peggiorerà. Ci dicono sempre che ci sono tante cose che dovremmo fare, ma dobbiamo vedere che cosa possiamo fare“.
“L’Occidente si è impegnato in Afghanistan per vent’anni, e che cosa abbiamo ottenuto? Il nostro primo obiettivo – ricorda Borrell – era lottare contro al-Qaeda dopo gli attacchi dell’11 settembre. Però lentamente le ambizioni si sono spostate verso la costruzione di uno Stato democratico nel Paese. Questo però dicono che non sia mai stato l’obiettivo. Non so se sia davvero così, perché noi abbiamo realmente fatto molto per costruire un nuovo tipo di Stato. E questo è un obiettivo che, vent’anni dopo, possiamo dire di non avere ottenuto“.
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“C’è anche da considerare poi la situazione delle frontiere esterne dell’Unione europea – è il successivo argomento affrontato da Borrell –. Ci sono degli strumenti che non sono mai stati utilizzati e che forse potremmo utilizzare per far fronte a questa situazione. Che sarà di una migrazione massiccia che affluirà dall’Afghanistan verso gli Stati membri. Adesso ancora non è successo, perché la popolazione non poteva certo muoversi a piedi come accaduto con i siriani“.
“Però nei prossimi mesi, anzi nelle prossime settimane, sicuramente ci saranno molte altre persone che vorranno lasciare l’Afghanistan. Non credo però si debba presentare il problema in termini di sicurezza nostra nei confronti dei migranti. Che, innanzitutto, non sono migranti ma esiliati. Dobbiamo parlare con il governo di Kabul, per evitare un ulteriore deterioramento della situazione. Canale di comunicazione, sì, ma non un avallo dei talebani. Ho detto che occorre parlare con i talebani, ma questo non significa affatto il loro riconoscimento“, chiarisce quindi Borrell.
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