Afghanistan, il dramma dei bambini venduti per sfamare le famiglie

Il dramma della crisi umanitaria in Afghanistan tocca livelli senza precedenti. Alcuni genitori, infatti, si vedono costretti a vendere i propri bambini per sfamare il resto della famiglia. Lo riporta l’Associated Press, che racconta la storia di Aziz Gul e della figlia Qandi.

La donna – scrive l’Ap – sta lottando per salvare la figlia di dieci anni che il marito ha venduto per circa mille dollari come sposa-bambina a sua insaputa. Con questo “sacrificio” l’uomo ha raccolto i soldi per sfamare il resto della famiglia e i suoi cinque figli. Altrimenti, sostiene, sarebbero morti tutti di fame.

Afghanistan, i gesti disperati contro la crisi

Si tratta di una pratica molto diffusa nel Paese e che prevede che la famiglia dello sposo (di solito parenti) paghi per “comprare” la futura moglie quando questa è ancora una bambina. Solitamente, la futura moglie rimane con i suoi genitori fino all’età di circa 15 o 16 anni.

Stando a quanto ha raccontato all’Ap, grazie al supporto della sua comunità, Gul è riuscita a strappare un accordo di “divorzio” con la famiglia dello sposo 22enne. La donna, infatti, potrà annullare il matrimonio della piccola Qandi restituendo i 100mila afghani ottenuti dal marito, che nel frattempo è fuggito per il timore di una denuncia.

I talebani vietano la vendita delle giovani donne

I talebani di recente hanno annunciato il divieto di questa pratica e di utilizzare le giovani donne come “merce di scambio” per risolvere le dispute fra famiglie. Gul, però, non hai i soldi necessari per il “riscatto” e la famiglia dello sposo ha già rivendicato più volte la “proprietà” della figlia di dieci anni.

Cresce in Afghanistan il numero di persone pronte a compiere gesti disperati come questo per sopravvivere e sfuggire alla morsa della povertà crescente che ha colpito il Paese dal ritiro delle truppe della Nato ad agosto. Il baratro è però arrivato con il ritorno al potere dei talebani.

Congelati gli aiuti della comunità internazionale

La comunità internazionale, nel frattempo, non sembra intenzionata a fare passi avanti sul fronte degli aiuti umanitari al Paese islamico. Molte nazioni, infatti, hanno congelato i fondi proprio perché non intendono collaborare con un regime la cui brutalità è nota da più di vent’anni.

E le conseguenze sono drammatiche. Da mesi numerosi impiegati statali, medici compresi, non ricevono lo stipendio. Nel frattempo, carestia, povertà e la pandemia di Covid-19 stanno aggravando una situazione già drastica in partenza. Una situazione destinata a peggiorare.

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