Che la pasta alla carbonara -uno dei primi piatti simbolo della cucina romana- trovi il suo migliore abbinamento con vini a base malvasia è una affermazione che è stata ampiamente dimostrata a suon di spadellate casalinghe e bisbocciate consumate tra amici, rastrellando le carte dei vini o il frigo anni Ottanta di trattorie, osterie e ristoranti di Roma e provincia.
In giorni di delivery e pochi ristoranti aperti, solo a pranzo se siete tra i più fortunati, concedetevi una preparazione casalinga. Se avete bisogno di un tutorial simpatico e abbastanza elastico sulla ricetta – spaghetti o rigatoni? Guanciale o pancetta? Pecorino o parmigiano? – googlate Max Mariola.
Sarà colpa dell’olfatto, non ci si pensa mai, se la voragine nello stomaco si spalancherà alla prima annusata distratta dell’inebriante profumo del guanciale. In padella, rigorosamente senza olio, il guanciale si scalda, suda e poi s’indora. Suda il suo grasso, dolce e saporito insieme, che fungerà da condimento (repetita iuvant: niente olio!); divertirà il guanciale, croccante, tra i denti. Lo sbattere delle uova con la frusta nella ciotola, frammiste al pecorino non troppo stagionato e a pepe quanto aggrada, dilata il tempo dell’attesa.
Qualunque siano le vostre preferenze sull’esecuzione della ricetta, non sbaglierete ad aver messo in frigo una bottiglia di un vino della zona dei Castelli Romani, puntando a occhi chiusi tutte le vostre fiches sull’abbinamento territoriale.
Il comprensorio vitivinicolo che circonda la Capitale è radicato sulla produzione di vini bianchi, principalmente a base malvasia. La denominazione più importante su cui ci si può indirizzare per la scelta del vino è quella del Frascati Superiore Docg che trova nella malvasia puntinata (o del Lazio) l’asse qualitativo del blend storico, condiviso per la maggior quota con la malvasia bianca di Candia, e in quote minori con il bellone, il bombino bianco, il greco bianco, il trebbiano toscano, il trebbiano giallo e altre varietà ammesse alla coltivazione nella regione Lazio.
La tendenza dolce, il grasso e il saporito della carbonara “chiamano” per l’abbinamento la morbidezza aromatica delle malvasie, il retaggio rustico degli altri vitigni del blend e la delicata tessitura salina del gusto. La salinità è qui garantita dalla matrice vulcanica dei terreni su cui insistono i vigneti (siamo alle pendici fertili e ricche di minerali del Vulcano Laziale).
Provate a cercare il Frascati Superiore Riserva Primo di Merumalia, il Frascati Superiore Villa dei Preti di Villa Simone, il Frascati Superiore Eremo Tuscolano di Valle Vermiglia, il Frascati Superiore Riserva di Gabriele Magno o il Frascati Superiore Luna Mater di Fontana Candida; vini che hanno dimostrato costanza qualitativa ad alti livelli, vendemmia dopo vendemmia.
Fuori denominazione divertitevi a cercare vini a base malvasia puntinata in purezza, ossia prodotti al 100% con tale vitigno, che escono sul mercato come vini a Indicazione Geografica Tipica Lazio, perché quasi nessun disciplinare (Doc o Docg) dei Castelli prevede la vinificazione in purezza della malvasia, ma la cosa non inficia la qualità sensoriale che si ottiene nei casi più virtuosi. La malvasia puntinata Rumon di Conte Zandotti e la malvasia puntinata Orchidea di Tenuta Le Quinte faranno al caso vostro, meglio se con due o tre anni di affinamento in bottiglia sulle spalle.
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