La Croazia ha presentato domanda all’UE per registrare la denominazione del “Prosek“, un vino croato che riprende il nome dell’eccellenza italiana delle bollicine. La pratica di utilizzare nomi di prodotti italiani a scopo commerciale è una piaga ben nota alle aziende italiane che da anni si battono contro questo fenomeno. Noto come Italian Sounding, il fenomeno è stato riconosciuto soprattutto a partire dall’Expo 2015. In quell’occasione, Federalimentare chiese al Governo italiano la costituzione di un osservatorio permanente sull’Italian sounding per contrastare la pratica e preservare il Made in Italy nel mondo.
Italian Sounding: che cos’è e perché va contrastato
Ma in cosa consiste esattamente l’Italian Sounding? Il fenomeno prevede l’uso di parole, immagini, simboli, riferimenti, combinazioni cromatiche, in grado di evocare il Bel Paese, per promuovere o commercializzare prodotti agroalimentari. Peccato che nessuno di questi prodotti abbia davvero qualcosa a che fare con il Made in Italy. Oltre a provocare ingenti perdite economiche, l’utilizzo imitativo delle eccellenze italiane rischia di arrecare irreparabili danni d’immagine alle aziende produttrici.
Dal Parmesan al Prosek, i prodotti più imitati
Dai pomodori San Marzano, al Parmigiano Reggiano, fino al Prosecco, Coldiretti ha stilato una classifica dei prodotti enogastronomici italiani più imitati all’estero. Tra questi, compaiono anche il Pecorino, il Gorgonzola, il Prosciutto San Daniele, il Grana Padano, il Chianti e così via, presenti sugli scaffali di diverse parti del mondo nella loro versione “contraffatta”, o meglio “copiata”. Infatti, se i prodotti contraffatti sono perseguibili legalmente, i prodotti Italian Sounding non possono essere classificati come illeciti da un punto di vista giuridico. Ciononostante, rappresentano un danno ingente per l’economia italiana e per le potenziali esportazioni del Made in Italy.
La denuncia di Coldiretti: “È concorrenza sleale”
“A taroccare il cibo italiano sono soprattutto i Paesi emergenti o i più ricchi dalla Cina all Australia, dal Sud America agli USA“, spiega Coldiretti. “Negli USA il 99% dei formaggi di tipo italiano sono tarocchi nonostante il nome richiami esplicitamente le specialità casearie più note del Belpaese“, prosegue l’associazione. Fra le brutte copie dei prodotti caseari nazionali nel mondo, in cima alla classifica c’è la mozzarella. Seguono il Parmesan, il provolone, la ricotta e il Pecorino Romano realizzato però senza latte di pecora. “La pretesa di chiamare con lo stesso nome prodotti profondamente diversi è inaccettabile e rappresenta un inganno per i consumatori ed una concorrenza sleale nei confronti degli imprenditori“, conclude Coldiretti.