L’anno in cui l’Italia divenne Repubblica è ricordato anche per la nascita dell’Unicef, il brevetto della Vespa, la prima edizione del festival di Cannes, la prima schedina del Totocalcio e il lancio del bikini in estate. E del 1946 è anche il primo almanacco di Frate Indovino! Quello della nascita della Repubblica è un anniversario assolutamente da festeggiare, mai come quest’anno, in tutte le forme possibili. Anche con la scelta del vino giusto da bere il 2 giugno.
Per gli amanti dei cimeli vitivinicoli, sono ancora reperibili oggi alcuni vini italiani imbottigliati in quell’annata. Meritano menzione quelli di aziende che ancora oggi producono con costanza e qualità: tra gli altri, il Barolo di Fontanafredda, quello dei Marchesi di Barolo, il nebbiolo di Giacomo Damilano, il Chianti Classico di Badia a Coltibuono e addirittura un vino rosato, il Five Roses dell’azienda pugliese Leone De Castris, il primo vino rosato a essere imbottigliato e commercializzato in Italia, a partire dal 1943. Vini che hanno mostrato, anche di recente, un particolare fascino d’antan a chi ha avuto modo di assaggiarli.
Sono soprattutto piemontesi e toscane le aziende che già imbottigliavano per la commercializzazione i propri vini anche prima del 1946 e che ancora oggi producono vini di altissima qualità ma delle quali, ahi noi, non è purtroppo più possibile assaggiare il frutto di quel millesimo, o perché non più reperibili sul mercato o perché bottiglie gelosamente custodite nelle cantine storiche dei produttori come riserva personale o perché ormai si è certi di non trovarvi dentro un vino in buona conservazione.
E allora proviamo a portare in tavola un Langhe Nebbiolo prodotto a Verduno dal Commendator G.B. Burlotto, anche per dare un ultimo saluto a distanza alla monarchia che fu, visto che Giovan Battista Burlotto era fornitore della Real Casa e fu Unico Provveditore di vini della spedizione del Duca degli Abruzzi al Polo Nord (1899-1900).
Come fuori programma ma ancora in tema monarchia, volendo ricordare anche l’Unità d’Italia -festeggiamento che quest’anno è passato un po’ in sordina- potremmo aprire anche un Lessona Omaggio a Quintino Sella, prodotto dalle Tenute Sella a Lessona nel nord Piemonte, una azienda vitivinicola la cui nascita si fa risalire al 1671.
In rappresentanza della Lombardia c’è da aprire un Franciacorta Riserva Bagnadore di Barone Pizzini, una tipologia di vino spumante che non esisteva ancora nel 1946 così come la conosciamo oggi – le prime bottiglie di Franciacorta arriveranno solo nel 1961 grazie all’enologo Franco Ziliani per l’azienda Berlucchi – ma prodotto da una azienda con radici vitivinicole che risalgono al 1870.
Brevetto della Real Casa nel 1923 anche per la Bertani in Valpolicella: “Anche se, ora che l’Italia è una Repubblica, è un simbolo decaduto, per noi rappresenta ancora il raggiungimento della massima qualità”. Gli amanti dei vini fruttati e di struttura possono stappare un Valpolicella Classico Superiore Tenuta Novare Ognisanti.
Il 1946 fu un anno storico anche per Anselmo, Giovanni e Giorgio Chiarli: ricostruiscono lo stabilimento di Modena e riprendono l’attività interrotta durante la guerra. Pochi anni dopo saranno i primi ad introdurre in Emilia il Metodo Charmat per la produzione del Lambrusco. L’ottimo lavoro della quarta generazione, Mauro e Anselmo, figli di Giorgio, lo si può apprezzare nel Lambrusco di Sorbara Lambrusco del Fondatore Cleto Chiarli, prodotto come lo si faceva nei primi anni del dopoguerra e della Repubblica, prima dell’avvento tecnologico delle autoclavi in cantina, con una vinificazione tradizionale e quindi con una presa di spuma attraverso fermentazione naturale in bottiglia.
Se si vuole bere toscano, fuori dalle rotte più consuete e blasonate, si può accedere alla produzione vitivinicola della Famiglia dei Conti Contini Bonacossi che conduce il patrimonio agricolo, vitivinicolo e olivicolo di Capezzana, a Carmignano, dal 1920, avendo raccolto l’eredità di una azienda che si fa risalire all’804. Non al 1804, proprio all’804! Ci sono da scoprire tutte le sfumature produttive del Carmignano: dal Vin Ruspo, come rosato, per passare al Barco Reale di Carmignano, rosso fresco e leggero, per arrivare all’autorevolezza qualitativa del Carmignano Villa di Capezzana, a base Sangiovese, qui storicamente legato a un saldo di Cabernet Sauvignon.
Impossibile non ricordare almeno due aziende storiche della produzione vitivinicola del sud Italia.
Attiva dal 1878 la Mastroberardino ad Atripalda, in provincia di Avellino, è la famiglia alla quale si deve la scoperta e la salvaguardia della viticoltura irpina, quasi in solitaria fino a poco più di venti anni fa, con i primi imbottigliamenti di Taurasi, Greco di Tufo e Fiano di Avellino. Se ancora la si trova sarebbe interessante mettere in tavola la versione limitata della Riserva Taurasi 1999, uscita nel 2008 e voluta da Piero Mastroberardino per celebrare i 130 anni della fondazione, con l’etichetta che riproduce i volti dei tre esponenti di maggiore spicco della famiglia Mastroberardino: Angelo (1850-1914), Michele (1886-1945) e Antonio (1928-2014). Antonio Mastroberardino fu l’artefice della rinascita della viticoltura irpina nel dopoguerra assieme ai fratelli Angelo e Walter.
Al 1925 risalgono le prime bottiglie di Aglianico del Vulture da destinare alla vendita dell’azienda Paternoster di Barile, in provincia di Potenza, alle pendici vulcaniche del Vulture in Basilicata. Fu Anselmo Paternoster, classe 1898, che – raccogliendo l’eredità vitivinicola della precedente generazione – decise il grande passo. Anselmo, il “Don” fondatore, divenne famoso nel mondo per il suo spumante a base Aglianico. Il figlio Pino Paternoster (1919-2011) è considerato da tutti il patriarca dell’Aglianico del Vulture: sue le prime prove di Aglianico Superiore nelle annate a partire dal 1958 e prima dell’istituzione della Doc nel 1971. Assieme ai suoi figli (Anna, Rosalba, Anselmo, Sergio e Vito) decise di dedicare al padre Anselmo l’etichetta più radicata nella tradizione vitivinicola del luogo: l’Aglianico del Vulture Don Anselmo, prima annata 1985.
Tante ancora sono le storie del vino che possiamo riscoprire il 2 giugno, e non solo. Provate a farlo anche voi: c’è di che emozionarsi.
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