L’Umbria del vino sta vivendo un periodo di intenso fermento, sia come ridefinizione delle forze in gioco nelle denominazioni storiche regionali (Montefalco e Orvieto) sia come affermazione di nuovi progetti, spesso piccoli e disseminati sul territorio, molto spesso radicalizzati sulla produzione di vini cosiddetti naturali e certamente su vini realizzati con un tangibile rispetto per la sostenibilità ambientale. E questo è il caso di Torre Bisenzio.
Contribuiscono attivamente a questo racconto di attualità umbra anche Neena e Mike Rees che, dopo aver viaggiato in lungo in largo per il mondo, hanno deciso di investire in Umbria nel 2003, e precisamente ad Allerona, un piccolo paesino della provincia di Terni che non raggiunge le duemila anime, considerato uno dei borghi più belli d’Italia (famoso anche per il ritrovamento di resti fossili di capodoglio con tanto di ambra grigia, sostanza prodotta dall’intestino dei capodogli, ricercatissima dai profumieri di tutto il mondo, https://www.museidiallerona.it/).
Neena e Mike si innamorarono di un casale che all’epoca del loro arrivo era poco più di un rudere, con in piedi solo una torre medioevale, in cima a una collina incastonata in un contesto naturalistico di grande respiro, tra boschi e pascoli, attualmente sfruttati per un allevamento di chianine.
La suggestiva Torre Bisenzio
Siamo a Torre Bisenzio, un luogo suggestivo sul quale gli abitanti di Allerona hanno più di un aneddoto da raccontare, tornata a nuova vita grazie alla ristrutturazione dei tre casali presenti nella tenuta e con una produzione vitivinicola oggi articolata su tre vigneti (uno di un ettaro impiantato nel 2005, uno di due ettari impiantato nel 2016 e un altro di circa due ettari impiantato nel 2019).
I vigneti sono dedicati per la maggior quota ai vitigni locali, sangiovese, grechetto e canaiolo, affiancati da vitigni internazionali come cabernet sauvignon, merlot, syrah e sauvignon blanc (e più di recente, ancora in via sperimentale, pinot nero, cabernet franc e petit verdot).
L’intero progetto “respira” assieme al paesaggio poiché è stato reso completamente autosufficiente sia dal punto di vista energetico, grazie all’installazione di pannelli solari sui tetti delle stalle e sulla nuova cantina, sia dal punto di vista dell’approvvigionamento idrico, grazie all’utilizzo di pozzi sotterranei interni alla tenuta.
L’azienda agricola e i vigneti
Le cura agricole e aziendali sono affidate a persone residenti nei dintorni, gestite nel lavoro quotidiano da Christian Panarella, agronomo d’esperienza che ha portato in campo, sostenuto ciecamente da Neena e Mike, le sue competenze in fatto di agricoltura biodinamica (il processo di conversione dell’intera azienda è quasi completo).
Dal vigneto più vecchio, quello oggi in piena produzione, su terreni sciolti di medio impasto e molto ricchi di scheletro, arrivano le uve per Il Pugnalone 2016, un blend di sangiovese (55%), cabernet sauvignon, merlot e syrah che, nonostante la presenza dei vitigni internazionali, dimostra in degustazione una decisa connotazione territoriale e identitaria. Il rosso di casa, complice anche l’ottima annata in zona, colpisce per una dinamicità inattesa, per profondità balsamica e piacevolezza. Il naso invita alla beva giocando in leggerezza e sull’essenzialità dei toni floreali, fruttati e speziati, nonostante ci si aspetti qualcosa di più fitto se ci si limita a leggere la lista dei vitigni.
Il gusto, ben curato e definito, riflette le caratteristiche di freschezza con buon ritmo e con un tannino lieve e setoso. Per raggiungere questo risultato in cantina si lavora con vinificazioni separate dei diversi vitigni, il cui frutto matura per almeno un anno in botti di rovere usate prima dell’assemblaggio ottimale; si attende poi un lungo affinamento in bottiglia prima della commercializzazione. Basso il contenuto di solfiti aggiunti (si resta sotto i 70 mg/l).
Non solo rossi: la ricchezza di Torre Bisenzio
L’altitudine dei vigneti (siamo sopra i 500 metri di altitudine sul livello del mare) sta lentamente definendo lo stile aziendale nel senso della nitidezza dei profumi e della bevibilità. Ne sono prova anche i due bianchi aziendali: l’Ambris 2019, un vino originale a base sauvignon blanc, fermentato tra acciaio, anfore di cocciopesto e barrique esauste, molto centrato nei profumi, non eccessivamente varietale, che si concede fresco e salino (che potreste abbinare, divertendovi, alla cucina thailandese o a preparazioni a base di baccalà, in bianco), e il Bianco di Bisenzio 2019, un vino a base grechetto, interamente lavorato in acciaio, con dalla sua un approccio olfattivo discreto, fresco e nitido, tendenzialmente fruttato (pesca gialla, mela renetta e nespola), e un gusto ottimamente equilibrato tra quota alcolica e salinità, perfetto sulla cucina vegetariana.