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Il vino della settimana, Orto Venezia Vino Bianco 2017

Michel Thoulouze, un giornalista francese di esperienza consolidata nel mondo della televisione d’Oltralpe, frequentatore assiduo di Venezia, vent’anni fa si innamorò di un casale diroccato sull’Isola di Sant’Erasmo con vista laguna.

Aveva trovato il luogo perfetto per il suo buen ritiro: acquistò circa cento ettari sull’isola, ne ristrutturò non solo i casali ma anche i canali di irrigazione e di bonifica agricola. L’isola infatti è da sempre conosciuta come l’orto di Venezia, per i terreni fertili e dedicati alla produzione di verdure per la città. Su tutte il carciofo violetto di Sant’Erasmo, un vero e proprio presidio agricolo locale. E proprio dall’attitudine agricola isolana è ricavato il nome dell’impresa che andiamo a raccontarvi, nello specifico: Orto di Venezia.

Orto di Venezia, il primo vino prodotto interamente in Laguna

L’indole da bon viveur di Thoulouze è venuta fuori quasi subito quando scoprì, consultandosi con alcuni suoi amici, che la terra di Sant’Erasmo era adatta per la produzione di vini di grande qualità. Personaggi molto noti nel mondo dell’agronomia francese (e mondiale) come Lydia e Claude Bourguignon e Alain Grillot hanno spianato la strada di Michel Thoulouze con analisi e consigli. In realtà Michel era già stato avvertito al suo arrivo dai contadini di Sant’Erasmo: “Hai comprato la migliore terra dell’isola”.

Era rimasta incolta per oltre un secolo. Quindi non era mai stata deflorata con l’utilizzo di concimi e fertilizzanti chimici ma aveva invece conservato la sua verginità biologica. Un paio d’anni di rotazioni agricole, impiantando orzo, ravanelli e avena, occorsero per preparare quattro ettari e mezzo di terreno da impiantare a vigneto (2003).

Si scelsero rigorosamente vitigni italiani: la malvasia istriana, vitigno di grande personalità, tipico del nord est. Il vermentino, che ben si adatta ai litorali costieri (qui siamo al crocevia tra laguna e mare). Il fiano, ubiquo e di grande fascino aromatico. La prima annata imbottigliata dell’Orto Venezia Bianco è stata la 2008: il primo vino prodotto interamente in Laguna.

Idee antiche per un vino moderno

In vigna mai un colpo d’aratro, solo zolfo e verderame per i trattamenti e grande attenzione alla gestione del verde infruttifero delle viti (scacchiatura), garantendo aerazione e il giusto spazio affinché il vento, qui presente e costante, asciughi il lascito di umidità lagunare, regalando in tempo di vendemmia uve sane e integre.

In cantina solo acciaio per la lavorazione, fermentazione fatta partire con lieviti neutri, nessuna macerazione sulle bucce, pochissima aggiunta di solforosa. Thoulouze ama ripetere: “la macerazione sulle bucce è il body-building del vino” e “le aggiunte in cantina sono il doping”. Idee ferree per lui.

Un investimento importante per un progetto unico

Si imbottiglia (senza far partire la fermentazione malolattica) nella primavera successiva alla vendemmia, appena si riesce a far arrivare la macchina imbottigliatrice sull’isola prenotando una chiatta libera per il trasporto. Sulla stessa chiatta arrivano anche le bottiglie in cui il vino resterà ad affinare per almeno due anni prima della commercializzazione e tutto quanto serve per imballarlo e spedirlo in giro per il mondo. Un dispendio economico davvero sostanzioso ma necessario per portare avanti questo progetto più unico che raro.

Se chiedete a Thoulouze qual è la migliore annata del suo vino la prima risposta sarà: “La migliore annata è l’ultima in commercio”. Un’affermazione che apparentemente toglie del romanticismo al contesto, ma che in fondo la si può perdonare a un produttore che mette in campo tutte le risorse possibili per creare un vino di tale originalità. La seconda risposta, molto agognata, sarà: “La 2011, si creò in quell’annata un microclima unico”.

Il romanticismo Michel Thoulouze lo dedica invece alle sue magnum. Circa 400 bottiglie in formato magnum di ogni vendemmia, infatti, vengono conservate nella pancia di due sandoli (il sandolo è la barca a fondo piatto tipica della laguna veneta) nascosti sul fondo della Laguna: garanzia di assenza di luce, assoluto silenzio e costanza di temperatura, per il riposo del vino in vetro nel tempo. Nelle sue intenzioni Thoulouze vuole produrre un vino che invecchi bene per almeno dieci anni e gli assaggi dei primi millesimi stanno rispondendo egregiamente al suo desiderio. Attualmente “la migliore annata in commercio” è la 2017. Se ne producono circa diciottomila bottiglie l’anno, meno nelle annate più difficili (come ad esempio la 2014), zero nella 2019 a causa di una grandinata.

Gli aromi e i sapori dell’Orto Venezia Bianco

L’Orto Venezia Bianco è un vino di grande suggestione aromatica. Con una apertura decisamente fresca e gioviale, sa di agrumi, erbe aromatiche, melone estivo, ma soprattutto sa di alghe. Saporito e con una droiture che ne segna con compostezza l’assaggio, tiene memoria di una mineralità presente ma sfuggente che lascia spesso il campo a percezioni ancora agrumate e salmastre.

Sin dagli inizi, all’intera filiera produttiva di questo vino lavorano gli abitanti dell’isola, che con il tempo hanno abbracciato con orgoglio quello che è diventato il progetto di vita di Thoulouze: “La cosa più bella alla fine non è fare il mio vino ma aver creato un paesaggio nuovamente vivo, umano e naturale, fatto di laguna, di vigna e di persone”.

Monica Coluccia

Romana d’adozione, sommelier dal 2004, ha collaborato per circa dieci anni alla realizzazione degli eventi del vino nella Capitale e alla redazione di riviste e guide di settore di diffusione nazionale (Duemilavini, Bibenda, AIS-Vitae, L’Espresso). Dal 2014 presta l’esperienza acquisita alla comunicazione del vino in contesti professionali con seminari di degustazione in tutta Italia, potendo offrire una profonda conoscenza sui territori vitivinicoli italiani e francesi in generale. Lo Champagne ha fatto breccia nel suo percorso professionale lavorando per la guida Le Migliori 99 Maison di Champagne. Scrive per gli appassionati del vino su vinotype.it e intralcio.it

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