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Genitorialità condivisa questa sconosciuta, in Italia avviene in meno del 5% dei casi: i consigli per renderla felice

Secondo lo studio europeo di Demographic Research, basato sui dati del 2021, in Europa un bambino su 8 con genitori separati vive in una condizione di genitorialità equamente condivisa. Maglia nera per l’Italia che, insieme a Repubblica Ceca, Ungheria, Lituania, Romania, Cipro, Austria, Croazia e Grecia è tra i 9 paesi che non raggiungono il 5%. Brilla la Svezia (42,5%) seguita dalla Finlandia (23,8%). “Quando possibile, la genitorialità condivisa è la strada migliore. Richiede sicuramente tanto impegno da parte dei genitori, ma garantisce la serenità dei figli” spiega Vittorio Vaccaro, conduttore ed esperto di tematiche legate alla famiglia

Famiglia | Pixabay

Sempre più bambini in Europa si trovano ad affrontare la separazione o il divorzio dei genitori. Questo porta inevitabilmente a dover scegliere a chi affidare i minori una volta che s’interrompe la convivenza, scelta che in alcuni casi viene lasciata ai genitori stessi mentre in altri è necessaria la decisione di un giudice. Se fino al secolo scorso la tendenza principale era quella di affidare alla madre la custodia esclusiva dei minori lasciando al padre un numero limitato di visite programmate, negli ultimi anni si è cercato di favorire sempre di più una genitorialità condivisa (nota anche come affidamento congiunto). Una soluzione che ha mostrato diversi risultati positivi per bambini e genitori, come una migliore collaborazione genitoriale e una decrescita del conflitto familiare.

Per i minori si riscontra un miglior benessere socio-emotivo e psicologico, oltre a livelli inferiori di stress, mentre le madri evidenziano livelli più alti di benessere e soddisfazione rispetto ai casi di custodia esclusiva. L’affidamento congiunto condivisa può essere considerato equo se i bambini passano 15 notti al mese con un genitore e 15 con l’altro, non equo quando bambini trascorrono da 10 a 14 notti al mese con un genitore (e da 16 a 20 notti al mese con l’altro) mentre si parla di affidamento esclusivo quando il minore passa più di 20 notti al mese con un genitore. Lo studio Joint physical custody of children in Europe che ha visto la collaborazione di docenti dell’Università di Turku in Finlandia e del Wisconsin-Madison, pubblicato da Demographic Research e basato su un campione di 9.102 bambini provenienti da 17 paesi europei, mostra che il 12,5% dei minori in famiglie separate vive in accordi d’affidamento congiunto equo, l’8,2% vive in accordi di affidamento congiunto non equo e il 79,3% vive nella soluzione più tradizionale dell’affidamento esclusivo.

L’Italia risulta essere uno dei paesi in cui la genitorialità condivisa è meno diffusa, è tra i nove stati (insieme a Repubblica Ceca, Ungheria, Lituania, Romania, Cipro, Austria, Croazia e Grecia) dove l’affidamento congiunto equo non raggiunge nemmeno il 5% (2%) mentre quello non equo avviene nel 3,5%. Questo significa che nel Bel Paese il 94,5% dei bambini vive in una situazione di affidamento esclusivo e trascorre gran parte del tempo con un genitore a discapito dell’altro.

“In Italia, nonostante qualche segnale di miglioramento, la custodia congiunta dei figli è una strada ancora troppo poco percorsa – racconta Vittorio Vaccaro, conduttore televisivo e da sempre vicino alle tematiche riguardanti la famiglia – In parte la causa va ricercata in retaggi culturali che vedono ancora la mamma come prima responsabile della crescita di un minore. Se da questo punto di vista stiamo migliorando, ci sono altri problemi da superare come ad esempio il salary gap tra uomini e donne. Anche le istituzioni possono fare la loro parte con leggi che incentivino l’affidamento congiunto”.

Immagine | Pixabay

I dati che riguardano l’Italia vedono l’affidamento congiunto (equo e non) aumentare con l’avanzare dell’età dei minori fino a raggiungere il 9,2% nella fascia 16-17 anni mentre è decisamente basso (2,6%) per la fascia 0-5. In Europa il paese dove l’affidamento congiunto equo è maggiormente diffuso è la Svezia. Nel paese scandinavo è praticato nel 42,5% dei casi seguono i vicini di casa della Finlandia (23,8%) e il Belgio (19,6%). Buoni risultati anche per Slovenia, Danimarca, Spagna e Francia tutti sopra il 10%. L’affidamento congiunto non equo è, invece, particolarmente diffuso in Danimarca (26,2%) seguita da Svezia (11,2%), Slovenia (11,1%) e Belgio (10,7%). In generale, i paesi con bassi livelli di genitorialità congiunta equa hanno anche livelli relativamente bassi di genitorialità congiunta non equa: i 9 paesi, tra cui l’Italia, con il 5% o meno di genitorialità condivisa equa sono tutti tra gli 11 paesi con i livelli più bassi di genitorialità condivisa non equa. In ogni caso, in tutti i paesi analizzati, tranne la Svezia, l’affidamento esclusivo continua a rimanere la strada più percorsa, in modo particolare in paesi come Grecia, Italia, Lituania, Romania, Croazia e Ungheria.

Il quadro che emerge vede la genitorialità condivisa crescere in Europa e, secondo gli ultimi dati analizzati, riguarda il 13% dei bambini di età compresa tra gli 11 e i 15 anni che non vivono con entrambi i genitori rispetto al 5,7% del periodo 2002-2010. Una crescita che ha coinvolto tutti i paesi tranne Italia e Ungheria.

“Il focus deve essere sempre il benessere dei figli – prosegue Vittorio Vaccaro – Ad esempio se i due genitori vivono in città diverse l’affidamento congiunto non può essere una soluzione, vorrebbe dire stravolgere la vita del bambino. Da padre separato, però, posso confermare che, quando possibile, la genitorialità condivisa è la strada migliore. Richiede sicuramente tanto impegno da parte dei genitori, ma garantisce la serenità dei figli”.

Ecco allora 5 consigli per rendere la genitorialità condivisa davvero efficace.

Collaborare e comunicare: anche se un divorzio può aver causato attriti in una coppia, quando si parla dei figli bisogna essere in grado di mettere da parte i rancori. Immaginate l’ex partner come un collega di lavoro poco simpatico ma con cui dovete per forza parlare e collaborare per raggiungere l’obiettivo che, in questo caso, è il benessere dei figli.

Essere coerenti: i figli minori vanno guidati anche attraverso regole e indicazioni. Se a casa della mamma è concessa un’ora di videogiochi, dal papà non possono diventare tre. È importante stabilire linee guida che siano comuni per entrambi i genitori in modo che i figli sappiano sempre che strada prendere.

Flessibilità: la rigidità non aiuta né quando è rivolta all’ex partner, né quando è nei confronti dei figli. I genitori devono essere pronti ad adattarsi alle esigenze dei figli, soprattutto nei primi tempi quando i minori si trovano davanti a una situazione completamente nuova.

Non avere segreti: se uno dei due genitori inizia una nuova relazione, tenerla a lungo nascosto potrebbe essere controproducente. Il figlio, a seconda dell’età, potrebbe vederla come una mancanza di fiducia. Quando si è sicuri di avere una relazione stabile conviene spiegare la situazione all’ex partner e successivamente introdurre l’argomento con la prole.

Non vergognarsi di chiedere aiuto: un mediatore familiare può aiutare i genitori nelle prime fasi di affidamento congiunto. Rivolgersi a un esperto è un’opportunità da prendere in considerazione per trovare soluzioni che siano nel migliore interesse dei figli.

Redazione

La redazione di newsby è composta da giornalisti e video giornalisti attivi su tutto il territorio nazionale, con presidi su Roma, Milano, Torino, Napoli e, all’estero, a Bruxelles/Strasburgo per i lavori del Parlamento Europeo.

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