Dopo i vermi gialli, è il turno delle locuste migratorie. La commissione europea ha ufficialmente autorizzato la vendita di questi insetti per l’alimentazione umana. L’autorizzazione arriva dopo una valutazione scientifica da parte dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa). La specialità sarà disponibile in commercio sotto forma di prodotto congelato, essiccato e in polvere. Inoltre, per Farm to Fork, la nuova strategia agroalimentare dell’Ue, le locuste possono costituire una fonte proteica alternativa alla carne e al pesce, verso un’alimentazione più sostenibile ed ecologica. Ma cosa ne pensano i cuochi italiani? Entrerà la locusta a far parte della nostra tradizione alimentare? Ci risponde Pasquale Fatalino, insignito del titolo di miglior cuoco dell’anno di Puglia dalla Dolce Guida di Bari, tra i più rinomati chef italiani.
Locuste sulla nostra tavola? Poco nobili e troppo lontane dalla nostra tradizione culinaria. Perché affidarci a un prodotto così distante da noi, quando la nostra tradizione alimentare è così ricca e variegata? Di regione in regione, la cucina italiana offre tantissimi prodotti del territorio, salutari per il nostro organismo, a chilometro zero e non inquinanti.
Sicuramente il consumo di carne è stato eccessivo negli ultimi anni. Un tempo, la carne si consumava soltanto nei periodi festivi, come a Pasqua e a Natale. Per la restante parte dell’anno, ci si affidava al grano del nostro territorio, con cui si realizzavano paste, focacce, taralli e pane. Per non parlare delle verdure spontanee, che le nostre nonne andavano a cercare nei boschi e sulle colline, dei legumi, che abbondavano sulle nostre tavole, e del pesce azzurro, che veniva pescato lungo le coste.
Vogliamo eliminare gli allevamenti intensivi? Allora iniziamo affidandoci ai prodotti della nostra terra, alla celebre piramide alimentare della dieta mediterranea, ormai riconosciuta in tutto il mondo per le sue proprietà benefiche. Prediligiamo sempre i prodotti locali, preferendo alla carne i legumi che il nostro territorio ci offre in abbondanza, come ceci, fave e lenticchie. Ma portiamo in tavola anche funghi, tartufi e verdure spontanee, come i cardi selvatici, difficile da reperire, ma buoni e salutari. In estate possiamo contare anche sul pesce azzurro dei nostri mari, quindi sarde, acciughe, sgombro e così via.
Assolutamente no. Come dicevo, trovo che siano poco nobili e distanti dalla nostra cultura del cibo. Questo non vuol dire che nella cucina pugliese non esista una tradizione legata ad alimenti meno nobili. Penso al “formaggio punto”, che veniva riempito con larve di mosca e si mangiava a inizio settembre. Ma, con tutto quello che abbiamo in Italia, perché mangiare un prodotto così distante da noi?
Da quasi due anni, il Natale si è fermato. Quel che più ci è mancato è la convivialità natalizia, la possibilità di sedere insieme intorno a un tavolo, di abbracciarci, di scambiarci i regali, di cucinare insieme i piatti della tradizione. Il mio augurio a tutte le famiglie italiane è di tornare alla normalità, di abbracciarsi e stare insieme, di essere rispettosi dell’ambiente e di continuare con i piatti regionali a ravvivare la nostra tradizione e la nostra cultura. Per Natale cuciniamo i piatti della tradizione e non potremo sbagliare.
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