La pizza al tempo del Coronavirus

Stavo lavorando alla grande, avevo iniziato l’anno nel migliore dei modi: dopo aver terminato lo scorso felicemente, portando a casa due piazzamenti uno a distanza dell’altro di una settimana. Un Award della pizza come miglior interpretazione del territorio tenutasi a Napoli nella splendida cornice di palazzo Caracciolo, ed un podio al Pizze Stellate a Venezia nel più grande molino d’Italia.

Come dicevo quest’ anno era iniziato nel migliore dei modi, la sala sempre piena, i clienti sempre più soddisfatti e nuove tecniche e ricerca della materia prima sempre in primo piano ma con un’ombra impetuosa in arrivo. E si, quest’ombra di cui si sentiva solo in lontananza parlare, perché diametralmente opposta a noi geograficamente, sempre più si avvicinava a noi ma senza che noi le dessimo il giusto peso.

Si diceva fosse solo un raffreddore e che colpiva gli anziani e gli immunodepressi, forse con molta superficialità oppure con troppa sicurezza, sta di fatto che ci siamo ritrovati per “necessità” in una situazione che mai nessuno si sarebbe immaginato.

Pizza Amatrice
Pizza AmatRiccia, vincitrice del #PizzAward 2019

E io anche non mi sarei mai immaginato che questa quarantena si sarebbe protratta per oltre 2 mesi, ritrovandomi di punto in bianco da una sala piena tutte le sere ad una sala vuota ed impolverata con le sedie sui tavoli e le luci spente per tutto questo tempo. Spiazzati ed impauriti all’inizio, dopo pochi giorni di chiusura ci siamo subito dati da fare per capire bene quale strategia adottare.

Ed è cosi che da una pizzeria con 70 coperti d’inverno e 150 d’estate ci siamo trovati ad effettuare l’unica cosa possibile da fare, ovvero le consegne a domicilio, in gergo “delivery”, ovviamente capendo bene come farlo in totale sicurezza.

Ci siamo subito attrezzati con guanti e alla mascherine, acquistando anche tute bianche usa e getta, per lavorare in tutta sicurezza con tutto il team. Ovviamente spero e penso che questo periodo passi in fretta e si ritorni alla totale normalità, quella dove ci sono tutti i coperti occupati da commensali affamati di convivio e dove io non debba più mettere questa maledetta mascherina. Purtroppo, almeno per un bel periodo, non sarà cosi, e quindi dovremo imparare a convivere con questo problema.
I questi giorni mi viene spesso in mente la favola del riccio, dove questi, per scaldarsi dal freddo, si avvicinò troppo al compagno e per ovvie ragioni si punsero; pensarono bene, quindi, di allontanarsi, ma morivano di freddo. Capirono, alla fine, che per scaldarsi un pò e sopravvivere dovevano soffrire.
Ed è esattamente quello che dovremo fare noi; ma non dobbiamo necessariamente pungerci, dobbiamo capire come far ripartire le nostre attività al meglio e in tutta sicurezza, ma senza trovare genialate senza senso, come ad esempio il plexiglass sui tavoli tra un commensale e l’altro. Voi ci andreste a cena cosi a mò di parlatoio carcerario, con tutto il rispetto? Oppure mangereste una bella pizza calda appena sfornata con i guanti in nitrile e la mascherina indossata, che ad ogni morso la dovreste spostare?

Quindi quando si riaprirà, la soluzione sarà il senso civico e il rispetto delle regole che un po’ questa quarantena ci ha fatto ritrovare: non prenotare tavolate, rispettare gli orari (ci saranno almeno due turni), visto che i coperti saranno drasticamente dimezzati, e usare le dovute accortezze di tutti i giorni, affinché questo periodo passi in fretta e si possa tornare a mangiare una pizza magari abbracciandosi al goal della propria squadra del cuore.

Nel frattempo #rimaniamoacasa ed io vi allieterò con sane e gustose ricette di pizza e non solo, magari entrando anche un po’ nel tecnico e cercando di trasferirvi i segreti del maestro.

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