Covid e turismo: ripresa lontana, ma la crisi può aprire opportunità

Se c’è un settore che sta soffrendo più di altri le conseguenze delle restrizioni necessarie a contenere la diffusione del coronavirus è certamente quello del turismo. Negli ultimi giorni un altro autorevole grido di allarme è arrivato da uno studio di PwC Italia, secondo cui oltre il 65% degli hotel è a rischio chiusura, e lo stesso studio indica che concreti segnali di ripresa non arriveranno prima del 2023.

Sono gli stessi addetti ai lavori, però, a non voler perdersi d’animo. Il coro è unanime: il modello legato al turismo cui siamo abituati, alla situazione attuale, è molto difficile da portare avanti, e serve qualcosa di diverso.

Il caso di Venezia

Emblematico, in questo senso, il caso di Venezia: i milioni di turisti che visitavano la Laguna erano arrivati a far storcere il naso alla cittadinanza locale sempre di più negli ultimi anni, quasi fossero diventati una presenza sgradita. Ma è proprio il turismo ad essere sempre stato uno dei motori del capoluogo veneto, tanto che, adesso, con decine di attività e migliaia di posti di lavoro a rischio, si rende necessario un drastico cambio di prospettiva.

A questo proposito, l’assessore al turismo di Venezia, Paola Mar, ha dichiarato al Guardian: “Siamo una città in crisi e dobbiamo provare a fare qualcosa di diverso. Ci troviamo di fronte a un periodo di riflessione, è difficile progettare sin da subito misure coraggiose per sostenere il turismo, ma dei piccoli miglioramenti già ci sono”.

“I proprietari di strutture affittate a turisti, ad esempio, hanno firmato un accordo con il Comune e le università di Venezia per affittarle agli studenti. Si tratta di un segnale positivo” ha aggiunto Mar.

Sempre a Venezia, una delle questioni più discusse è quella della presenza in porto delle grandi navi da crociera. Adesso il problema non si sta ponendo, ma per gli attivisti che si battono contro i “mostri del mare”, come da loro definiti, non può essere un motivo di contentezza. “Non viviamo più nel timore di incidenti – ha affermato al quotidiano britannico Matteo Secchi, referente del gruppo di attivisti Venessia -. Però soffro per tutte le persone che lavorano al terminal delle grandi navi. Siamo contro queste ultime e sosteniamo ancora sia necessario trovare una soluzione, ma i lavoratori vanno protetti”.

Verso l’addio al turismo ‘mordi e fuggi’?

Ed è proprio il problema dei lavoratori uno dei nodi cruciali. Il timore della disoccupazione di massa è sempre più forte ed è obbligatorio un passaggio a un modello di turismo diverso. Un turismo probabilmente meno ‘mordi e fuggi’ e maggiormente esperienziale, che punterà non tanto al numero dei fruitori quanto alla qualità dei servizi proposti.

La transizione, però, si preannuncia lunga. L’intervento in merito del ministro per i Beni e le Attività Culturali, Dario Franceschini, a margine del digital event ‘Italia 2021 – Competenze per riavviare il futuro’, parla proprio di questo: “Le grandi crisi aprono opportunità. Possiamo ricostruire un turismo di grandi numeri in Italia, ma sostenibile e rispettoso della fragilità del nostro paesaggio, del patrimonio artistico. Non un turismo ‘mordi e fuggi’, ma colto, intelligente e con capacità di spesa. Bisogna investire in infrastrutture, digitali e materiali”.

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