Matilde Poggi, Presidente della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (FIVI), scrive una lettera al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, perché riconsideri la decisione di chiudere alle 18 l’intero comparto della ristorazione. Come ovvia conseguenza, infatti, le chiusure di ristoranti penalizzeranno ancor di più anche i tanti vignaioli artigiani che continuano con grandi sacrifici a coltivare le loro vigne.
FIVI, Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, riunisce più di 1300 vignaioli che seguono l’intero processo produttivo del vino, dalla vigna al bicchiere. Sono aziende di piccole e medie dimensioni, spesso nuclei familiari, che hanno in questa attività il loro unico reddito. La Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (FIVI) è un’associazione nata nel 2008 con lo scopo di rappresentare la figura del Vignaiolo di fronte alle istituzioni, promuovendo la qualità e l’autenticità dei vini italiani. Per statuto, possono aderire alla FIVI solo i produttori che coltivano le proprie vigne, imbottigliano il proprio vino, curando personalmente il proprio prodotto, vendendo tutto o parte del raccolto in bottiglia con il proprio nome e la propria etichetta.
Attualmente sono circa 1300 i produttori associati, da tutte le regioni italiane, per un totale di circa 13.000 ettari di vigneto, per una media di circa 10 ettari vitati per azienda agricola. Quasi 95 sono i milioni di bottiglie commercializzate e il fatturato totale si avvicina a 0,8 miliardi di euro, per un valore in termini di export di 330 milioni di euro. I 13.000 ettari di vigneto sono condotti per il 51% in regime biologico/biodinamico e per il 49% secondo i principi della lotta integrata. Di seguito la lettera integrale di Matilde Poggi sulle chiusure della ristorazione.
La lettera del Presidente FIVI al Presidente del Consiglio sulle chiusure nel reparto della ristorazione
Egregio Presidente,
Faccio parte di coloro che ritengono che il Covid 19 sia una malattia molto seria e pericolosa e che il primo obbligo di ogni governante in questo momento sia quello di tutelare e proteggere la salute dei suoi concittadini. Mi lascia ugualmente del tutto sconcertata la decisione presa nell’ultimo DPCM 24/10/2020 di chiudere le attività di somministrazione alle ore 18. L’innalzamento dei contagi, cui abbiamo purtroppo assistito negli ultimi mesi, impone un cambio di strategia ma mi parrebbe opportuno andare a colpire unicamente quelle attività e situazioni che provocano assembramenti. I ristoratori, che alla riapertura dopo la chiusura forzata di marzo e aprile, seguendo le indicazioni del nostro Governo, si sono attrezzati per poter accogliere i loro clienti in tutta sicurezza, non devono pagare per coloro che, in spregio ad ogni direttiva, hanno continuato a servire i clienti davanti ai locali, senza distanziamento, provocando pericolosi assembramenti. Chi ha deciso di non rispettare le regole ha messo a repentaglio la salute altrui e contribuito alla cattiva percezione della categoria cui appartiene; è pertanto giusto che gli venga intimata la chiusura. Chi invece le regole le ha rispettate ed ha investito per potersi adeguare deve rimanere aperto.
L’Italia è un Paese meraviglioso e ha gioielli che tutti ci invidiano: un paesaggio unico al mondo, siti culturali di richiamo mondiale e prodotti di altissima qualità della filiera agroalimentare, tra cui il vino. Chiudere i ristoranti significa far soffrire ulteriormente anche i tanti vignaioli artigiani che a fatica hanno continuato a coltivare le loro vigne. L’associazione che io rappresento, la FIVI, Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, riunisce più di 1300 vignaioli che seguono l’intero processo produttivo del vino, dalla vigna al bicchiere. Sono aziende di medio piccole dimensioni, spesso famiglie, che hanno in questa attività il loro unico reddito. Per i vignaioli il settore della ristorazione è il mercato di sbocco preferenziale per il loro vini. A poche ore dalla firma del nuovo DPCM sono già arrivate le prime disdette agli ordini in corso. I vignaioli sono già stati pesantemente indeboliti dai mesi di chiusura forzata; la vigna non si può abbandonare e va coltivata anche se le vendite sono ridotte al lumicino. Presidente, Le chiedo, a nome di tutti i vignaioli italiani, di ripensare queste disposizioni. Noi e tutti gli operatori del settore horeca vogliamo poter lavorare in sicurezza per dare il nostro piccolo contributo alla ripresa del nostro Paese.
Matilde Poggi Presidente FIVI