eSports, non chiamateli solo videogiochi

Da circa due anni il mondo dello sport sta scoprendo una realtà parallela, virtuale, che coinvolge sempre più persone e attira l’attenzione non solo degli appassionati e dei fan, ma anche di aziende e sponsor. Sono gli eSports, gli sport elettronici. Nel gergo comune si chiamano videogiochi competitivi, ma ormai la portata del fenomeno rende riduttivo questo termine. Perché questi videogiochi sono diventati delle vere e proprie discipline sportive, con giocatori professionisti (i player o gamer), team con strutture societarie al pari dei club della nostra Serie A, multinazionali che investono nel settore, eventi in streaming o dal vivo che coinvolgono decine di migliaia di persone di pubblico.

eSports, non chiamateli solo videogiochi
Florian Olivo @unsplash

eSports, lo sport virtuale

Gli eSports sono la perfetta replica, a livello virtuale, della struttura degli sport tradizionali: ma la squadra, anziché giocare fisicamente a calcio, gioca a FIFA o PES. Per il resto c’è tutto: il coach che segue i ragazzi negli allenamenti davanti al computer, il presidente del team che gestisce le sponsorizzazioni e l’ingaggio dei nuovi player, il resto dello staff che segue l’aspetto mentale, l’alimentazione e la comunicazione. Insomma, i team eSports rappresentano delle polisportive virtuali dove le discipline non si chiamano però calcio, basket o pallavolo, ma FIFA, Fortnite e Call of Duty.

Dalla cameretta alle Olimpiadi

Se è vero che negli eSports manca l’aspetto puramente fisico e del movimento che invece troviamo in quasi tutti gli altri sport, è anche vero che l’attenzione mediatica ed economica che stanno generando si sta avvicinando sempre di più a quella degli sport tradizionali. Non è un caso che il CIO abbia avviato un processo di riconoscimento degli eSports come discipline olimpiche, con l’obiettivo di inserire i videogiochi all’interno del programma di Parigi 2024 o (al massimo) Los Angeles 2028. Non è un caso che quasi tutte le società di calcio d’Europa abbiano creato un proprio team eSports interno, per gareggiare nelle competizioni virtuali come la eSerie A o la eWorld Cup.

Twitch, una gigantesca cassa di risonanza

Il fenomeno ormai è enorme e continua a crescere a dismisura: alcuni dubbi restano sull’opportunità di chiamarli effettivamente “sport”, ma superato questo scoglio formale è innegabile che, come forma di intrattenimento, le manifestazioni eSports stiano raggiungendo gli stessi livelli degli eventi sportivi: non è la televisione, ma Twitch a trasmettere le partite; non ci sono la corsa e il sudore, ma le dita sulla tastiera o sul joypad. Il risultato cambia poco: milioni di persone incollate agli schermi, milioni di euro in palio, agonismo e trofei. Ormai non sono più (solo) videogiochi.

eSports, non chiamateli solo videogiochi
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