Gli eSports sono un movimento ormai in costante crescita in Italia e coinvolgono milioni di persone tra praticanti ed appassionati. Un business che interessa sempre più realtà tra brand e aziende che vogliono investire nel settore e team professionistici che competono nelle gare virtuali in giro per il mondo. Un’espansione che necessita di un inquadramento normativo ed economico: Federico Brambilla, co-fondatore del team Exeed e vicepresidente con delega agli eSports di IIDEA (l’associazione di categoria dell’industria dei videogiochi), analizza la situazione nel nostro paese.
Brambilla, facciamo prima un passo indietro: come nasce il movimento eSports in Italia e come è cresciuto negli ultimi anni?
Al momento è difficile definire un anno zero come punto di svolta o allo stesso tempo avere un momento “storico” che segna l’inizio. E’ un mercato che sta crescendo a doppia cifra percentuale ogni anno, soprattutto in termini di audience secondo l’ultimo rapporto di IIDEA e NIELSEN. Quello che mi piace sottolineare è che oggi vedo molta più sensibilità nel trattare i videogiochi e le loro competizioni rispetto anche solo a qualche anno fa, la mentalità italiana si sta aprendo al concetto di eSports e di proplayer.
Al momento invece quali sono le criticità da affrontare?
Gli ostacoli che individuo in questo momento nel settore sono tre. Innanzitutto, l’assenza di incentivi e agevolazioni economiche da parte delle istituzioni. Questo mercato genera molti posti di lavoro ma le aziende che lavorano in ambito eSports non hanno punti di riferimento ben specifici a livello istituzionale e giuridico, a volte operiamo in una zona grigia e va fatta luce. Come IIDEA abbiamo anche lavorato al nostro “manifesto” su come l’eSports in Italia andrebbe tutelato e sviluppato. Poi un’altra criticità è la forte mancanza di competenze specifiche all’interno del mercato. Essendo un settore giovane e in completa mutazione, mancano i processi di formazione che possano istruire gli operatori di oggi e di domani. Infine, c’è un gap tecnologico tra le varie aree del paese: siamo carenti nelle infrastrutture e nelle connessioni a banda larga soprattutto fuori dai grandi centri abitati.
Prospettive e strategie per i prossimi due o tre anni?
E’ un settore che fisiologicamente cresce e continuerà a farlo anche se gli ostacoli sopracitati, magari, continueranno ad esserci. Viviamo in un momento storico dove si parla di Criptovalute, NFT e Metaverso: l’eSports è già parte di tutto questo, da tempo. Siamo i protagonisti di un’era dove il digitale fa da padrone e a volte quando si parla di digitale si ha sempre un po’ di timore, ma in realtà sono le connessioni umane a dar vita a tutto quello che stiamo vivendo noi oggi. La roadmap da un punto di vista associativo è già segnata e lavoreremo insieme all’industria per avere sempre meno ostacoli allo sviluppo del settore. Come team Exeed invece c’è la forte volontà di creare il primo circuito in franchise su vari titoli di videogiochi.
Che cosa chiedono alle istituzioni i rappresentanti dell’industria dei videogiochi?
In Italia gli eSports sono regolati da norme di diritto commerciale, del lavoro, fiscale, della proprietà intellettuale e industriale, normative sull’e-commerce e sulla tutela dei consumatori, sulla concorrenza, sulla protezione dei dati. In un paese caratterizzato da un apparato burocratico complesso come l’Italia, un ulteriore strato di regolamentazione rischierebbe di avere un impatto negativo sullo sviluppo di un’industria giovane e innovativa ancora in fase di start-up, tanto più se le ulteriori regole sono prese in prestito da un settore profondamente diverso come quello dello sport. Crediamo che per favorire la crescita del settore l’autoregolamentazione possa essere la soluzione giusta, e un primo sforzo in questa direzione è già stato fatto con l’adozione degli Universal Esports Principles. In futuro potrebbe essere necessario discutere se sia necessaria un’ulteriore regolamentazione, sempre in accordo con l’evoluzione europea e internazionale per evitare una normativa restrittiva che potrebbe compromettere la competitività dell’Italia rispetto agli altri paesi.
Come mai tante aziende si stanno avvicinando agli eSports? E quali difficoltà incontrano nel voler investire in questo settore?
Secondo il primo “Landscape del settore eSports in Italia”, gli eSports hanno ottime potenzialità di crescita perché possono far leva su elementi come il fatto che sono una nuova piattaforma di intrattenimento con maggiori capacità di ingaggiare gli utenti rispetto a media più tradizionali come radio, TV e stampa e sull’opportunità che le sponsorizzazioni siano attrattive anche per brand esterni al settore. Tra gli ostacoli sono invece stati individuati l’assenza di incentivi o agevolazioni economiche per il settore da parte delle istituzioni, la difficoltà nel reperire figure con già adeguate competenze verticali sul settore e il gap tecnologico a livello di infrastrutture e di rete tra le varie aree del Paese.
Gli eSports alle Olimpiadi: siete favorevoli all’ingresso dei videogiochi nelle discipline olimpiche?
Oggi gli eSports non sono riconosciuti come disciplina sportiva e a nostro avviso è corretto sia così, perché gli ostacoli nel riconoscerli come tali sarebbero diversi, a partire dal fatto che si tratta di competizioni che utilizzano prodotti commerciali protetti dalla normativa in materia di proprietà intellettuale. Credo sia fondamentale sottolineare come gli eSports e lo sport presentino diverse differenze significative e fondamentali che impediscono ai primi di essere qualificati come sport. Credo che gli unici punti di contatto tra gli eSports e lo sport siano nel loro nome e nel loro impatto positivo sulla società in generale, sebbene siano accomunati da spirito competitivo e valore di intrattenimento molto diversi sia nella loro pratica che nella loro organizzazione.