Ecco allora una riflessione sulle filiere, uno dei pilastri del nostro Paese, partendo dalla controversa operazione del finanziamento di 6,3 miliardi chiesto da FCA. In molti hanno scelto la polemica, altri le difese d’ufficio.
Ma seguendo le logiche della finanza aziendale e gli obiettivi del CFO, c’è una pista per capire altri buoni motivi e risvolti industriali. A cura di Fabio Bolognini, Co-Founder di Workinvoice
Le manovre di supporto alle imprese decise dal governo in aprile e maggio vengono trasmesse dal
sistema banche con grande lentezza ed esitazioni, in parte giustificate. Le grandi imprese si stanno
accaparrando liquidità dal sistema bancario con o senza garanzie, mentre le piccole e medie sono in
coda a farsi esaminare dai tribunali del credito e dai sistemi di rating geneticamente modificati per il
COVID, che potrebbero non essere tarati perfettamente per riconoscere buoni debitori.
In questa disparità di trattamento, molte PMI e molti operatori hanno chiamato in causa le grandi
aziende e il sistema delle filiere, eppure la richiesta di garanzie da parte di FCA Group su un maxiprestito da 6,3 miliardi divide l’opinione pubblica in Italia.
L’operazione FCA-INTESA-SACE viene presentata nel comunicato stampa emesso dalla società
come un’operazione di “sostegno della filiera dell’automotive in Italia, composta da circa 10.000
piccole e medie imprese, a seguito alla riapertura degli stabilimenti italiani, avviata a fine aprile.” E
diciamolo forte, finalmente uno dei più grandi produttori italiani, capo di una complessa filiera come
quella dell’automobile, ha spiegato con i fatti l’importanza di avere fornitori in buona salute, e per
averli in buona salute l’importanza di pagare le fatture regolarmente alla scadenza e di
programmare insieme investimenti sui nuovi modelli in una logica di collaborazione, co-design,
gestione degli stock e chi più ne ha più ne metta.
Va molto bene che sia proprio FCA, perché i fornitori e subfornitori (sarebbe “l’indotto”) non sono
sempre stati trattati con i guanti, soprattutto quando si discuteva di prezzi e tempi di pagamento. Ma si
è già detto più volte di come il virus abbia determinato cambiamenti epocali, e quindi oggi si celebra
la giornata del santo fornitore.
Non è la domanda giusta. La risposta giusta però è che era conveniente e certamente utile. Se
infatti leggiamo le informazioni rilasciate nei prospetti finanziari (a questo link un’analisi
approfondita) scopriamo che FCA non aveva alcun problema di liquidità attuale. Tuttavia, possiamo
avanzare un’ipotesi: il fatto che FCA abbia colto al volo l’opportunità di mettere in sicurezza le casse,
raccogliere fondi in Italia, a tassi più bassi di quanto oggi disponibili sul mercato anche grazie alla
garanzia SACE del 70% o 80%, potrebbe permettere anche di tenere in piedi non solo i fornitori ma
anche i dealers/concessionari, che sono finanziati 7 miliardi di euro da FCA Bank.
Vince chi sa curare fornitori e rivenditori
La grande impresa è forte se ed in quanto ha un parco fornitori di qualità, affidabili e solidi
finanziariamente. Questo lo sapevamo anche prima della pandemia e lo spiegavamo a molti
imprenditori, offrendo ai meno scettici valide soluzioni fintech. Adesso vediamo quanto sia importante
per tutti. Ora succede anche che la grande impresa senza una rete di vendita diretta deve
preoccuparsi di mantenere in vita e in efficienza quella indiretta, mentre cerca di spostarsi sui
canali digitali dell’e-commerce.
A monte e a valle si vince con pratiche commerciali corrette (#iopagoifornitori) o si perde facile
torturando i fornitori e ignorando i distributori. L’operazione FCA-INTESA-SACE ha un suo perché
finanziario (prima ancora che politico o sindacale) e ha il grande pregio di richiamare l’attenzione di
tutti gli imprenditori a capo delle filiere, soprattutto quelli di dimensione media, verso il valore
strategico dei rapporti con fornitori e clienti. Anche la finanza, soprattutto quella alternativa, deve
piegarsi a questo comandamento.
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