Continuano senza sosta i problemi per Donald Trump dopo la transizione che ha reso Joe Biden ufficialmente il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America. Se infatti in settimana si è deciso di procedere con l’impeachment a suo carico, anche dal punto di vista finanziario tira un’aria decisamente pesante intorno all’ex inquilino della Casa Bianca.
Anche i suoi affari, infatti, stanno colando a picco. Prima di diventare presidente, come noto, Donald Trump era celebre in tutto il mondo come imprenditore nel campo immobiliare. Una vera e propria fortuna, iniziata dal nonno Frederick (tedesco di origine e ultimo membro della famiglia nato in Europa) e costruita dal padre Fred. Gli affari del futuro presidente iniziarono a decollare realmente tra la fine degli anni ’70 e gli anni ’80. Anche se con alcuni aspetti che sono rimasti opachi nel corso dei decenni.
Nel frattempo, però, i suoi quattro anni alla Casa Bianca sembrano aver tutt’altro che aiutato le sue attività imprenditoriali. Secondo i dati raccolti da ‘Business Insider’, infatti, nell’ultimo quadriennio le proprietà gestite dalla Trump Organization hanno dovuto affrontare una perdita addirittura del 51%.
In particolare è New York a rappresentare una ferita aperta per gli affari di Donald Trump. La città che gli ha dato i natali, e che nel frattempo ha preso completamente le distanze da lui (tanto da indurlo a trasferirsi in Florida), rappresenta l’apice del crollo del suo brand. Lo si capisce dal prezzo medio delle sue proprietà, che nel 2016 era di 3.346 dollari per square feet (0,092903 metri quadrati). Fu proprio quello l’anno dell’ascesa alla Casa Bianca, e già nel 2017 il valore scese a 1.903 dollari. Per poi arrivare a 1.619 dollari nel 2020.
Il problema è però generalizzato, dato che anche solo le proprietà che una volta avevano il marchio Trump hanno subito un crollo del 17% dal 2016. E ci sono problemi anche in Florida, la nuova casa di Donald. Qui infatti a West Palm Beach sorge il lussuoso condominio Trump Plaza, che però ha votato per rimuovere i riferimenti al nome dell’ex presidente dalla proprietà. E quello che fino a cinque anni fa rappresentava un autentico brand, sembra ora diventato quasi un marchio di infamia.
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