Se l’Occidente ha varato importanti misure restrittive per bloccare il commercio della Russia, Mosca sta trovando il modo di aggirare le sanzioni in vario modo. Una situazione critica, su cui ha voluto fare chiarezza la ‘CNN’. Riportando, in qualche modo, la calma in Occidente.
La vicenda è divenuta evidente questo giovedì, giorno in cui la Russia ha riaperto il proprio mercato azionario dopo un mese di chiusura. Se però gli analisti si aspettavano contrattazioni immobili o quasi (per Mosca ci si attende una flessione complessiva superiore al 20% quest’anno), le cose sono andate in maniera diversa. Cerchiamo di capire quanto, e soprattutto perché.
Il primo dato è quello che ha scatenato l’allarme tra gli economisti americani e non solo. L’indice MOEX, il principale benchmark della Borsa in Russia, ha infatti registrato un roboante +10% all’inizio delle contrattazioni. Successivamente si è attestato intorno a un comunque estremamente positivo +5% nel pomeriggio.
Ma come è possibile, tenuto conto di tutte le sanzioni in atto (e quelle che potrebbero ancora arrivare)? La risposta è presto detta. Come sottolinea la ‘CNN’, il mercato azionario in Russia non funziona secondo le regole normali. Il Cremlino ha infatti impedito agli investitori stranieri di vendere le proprie azioni e vietato le vendite allo scoperto. E la Borsa è stata sì aperta, ma con negoziazioni concesse per soli 33 titoli (fedelissimi a Putin).
Chiaro che dopo settimane di immobilismo si potesse mettere in conto un forte rimbalzo alla prima riapertura. Tuttavia gli Usa non sembrano particolarmente preoccupati. La Casa Bianca, infatti, ha rilasciato una dichiarazione chiara quanto inusuale, dato che raramente si occupa di mercati esteri. “La Russia ha chiarito che verserà risorse del governo per sostenere artificialmente le azioni delle società che stanno contrattando. Questo non è un mercato reale e non un modello sostenibile. E conferma solo l’isolamento che sta contraddistinguendo Mosca“, ha affermato il vice consigliere per la sicurezza nazionale statunitense, Daleep Singh.
D’altra parte, secondo dati ‘Reuters’, nel primo semestre 2021 alla Borsa di Mosca si trattavano per oltre l’80% fondi detenuti all’estero. Di essi, il 54% proveniva da Usa e Canada, il 22% dal Regno Unito e il 21% dal resto d’Europa (Italia inclusa). Chiaro dunque che quello della Russia appare un bluff in piena regola. Così come la richiesta di Vladimir Putin di farsi pagare il gas in rubli. Soluzione, ricorda la ‘CNN’, non praticabile per violazione dei contratti già stipulati con gli Stati acquirenti.
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