Oli, pasta, verdure, pesce e carne. Sono solo alcuni dei prodotti alimentari che a marzo hanno registrato i maggiori rincari dei prezzi. Un’ondata di aumenti che prosegue da un anno, aggravata dalle conseguenze della pandemia prima e della crisi geopolitica poi.
È quanto emerge da una classifica stilata dall’Unione Nazionale Consumatori sulla base dei dati Istat per l’Adnkronos. “Se l’inflazione ha raggiunto il record dal luglio 1991, oltre trent’anni fa, lo si deve anche ai prodotti alimentari e alle bevande analcoliche che con un +5,8% si collocano al terzo posto dei rialzi tra le divisioni di spesa”; dopo abitazione, acqua ed elettricità (+28,3%) e trasporti (+12,1%). Lo afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unc, commentando i risultati dell’indagine. Ma quanto incidono questi aumenti sulla vita degli italiani? E quali sono i prodotti più costosi?
Secondo Dona, “si tratta di un aumento del costo della vita, solo per mangiare e bere, pari in media a 323 euro annui a famiglia”. Dato che sale a 391 euro per una coppia con un figlio, a 434 per una coppia con due figli e 475 per una con tre figli. Insomma, “una vera e propria stangata”, per dirla con le parole del presidente della prima associazione di categoria in Italia.
Per quanto riguarda i singoli prodotti, in testa alla top ten ci sono gli oli diversi da quello d’oliva, che costano il 23,3% in più rispetto a marzo 2021 e che “vincono” anche la classifica dei rialzi mensili (+4,7%). Al secondo posto ci sono i vegetali freschi (+17,8% in un anno); mentre al terzo il burro, il cui prezzo in un anno è volato del 17,4% (+2,6% in un solo mese).
Ai piedi del podio troviamo invece la pasta (secca, fresca e preparati) al +13%. Seguono i frutti di mare (+10,8%) e la farina (+10%). Al settimo posto il pollame (+8,4%), mentre all’ottavo la frutta fresca (+8,1%), la quale si colloca al secondo posto nella classifica dei rincari mensili con un +2,8% rispetto a febbraio. In nona posizione il pesce fresco (+7,6%) e in decima i gelati (+6,2%).
Andando avanti troviamo: preparati di carne (macinata, würstel e salsicce) con +5,9%; pane (fresco e confezionato) salito ex aequo con succhi di frutta e verdura al +5,8%. Seguono il latte conservato e la margarina (entrambi a +5,7%), il riso e lo zucchero (+5,6% ciascuno). In coda troviamo olio di oliva (+5,5%), vegetali surgelati (+5,4%) e carne ovina e caprina (+4,9%).
Ma a cosa sono dovuti questi rincari? “È l’effetto caro bollette e caro carburanti che, oltre ad avere contraccolpi diretti sulle tasche degli italiani quando vanno a fare il pieno di benzina o pagano le fatture di luce e gas, determina una crescita esponenziale dei costi di produzione e di trasporto delle aziende”, spiega Dona. Aziende che “traslano poi sul consumatore finale i maggiori costi. Insomma, a pagare, alla fine, è sempre la casalinga di Voghera”.
“Per alcuni specifici e limitati prodotti hanno influito anche alcuni cattivi raccolti, per la pasta ad esempio il frumento duro in Canada e negli Stati Uniti – conclude il presidente dell’Unc –. Poi però è arrivata la guerra e, in un contesto già allarmante, si sono innescate speculazioni belle e buone. È ovvio che per alcune specifiche materie prime, come l’olio di girasole, per il quale Russia e Ucraina sono i primi due esportatori al mondo, e i due primi fornitori dell’Italia, ci saranno inevitabili conseguenze sui prezzi”.
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