Lavorare solo quattro giorni alla settimana? Sì, si può. A dirlo è un gruppo di ricercatori che dal 2015 al 2019, in Islanda, ha testato la produttività degli impiegati su orari più brevi ma a fronte della stessa retribuzione. E il risultato, racconta la Bbc, è un “successo travolgente”. Tanto che ora l’86% della forza lavoro islandese gode di una settimana lavorativa più corta e di salari inalterati.
Le prove condotte in Islanda dal Consiglio comunale della capitale Reykjavík e del Governo nazionale hanno coinvolto più di 2.500 lavoratori, pari a circa l’1% della popolazione attiva del Paese. Hanno partecipato ai test diverse tipologie di ambienti lavorativi, come scuole materne, uffici, ospedali e fornitori di servizi sociali.
Molti impiegati sono così passati da una settimana lavorativa di 40 ore a una di 35 o 36 ore. E hanno riferito di sentirsi meno stressati e che l’equilibrio tra la loro salute e la loro vita privata ne ha risentito in maniera positiva. Ma quello islandese non è l’unico caso di questo genere. Ci sono infatti dei precedenti.
Già nel 1997, il presidente francese Jacques Chirac studiò un programma per ridurre la settimana lavorativa da 39 a 35 ore. Inizialmente la proposta fu accolta negativamente dalle aziende e fu divisiva sul piano politico. Terminate le polemiche, nel 2002, la settimana lavorativa di 35 ore divenne un obbligo di legge.
Decisamente più recente è l’esempio spagnolo. A marzo di quest’anno Más País, partito creato da Iñigo Errejón dopo l’uscita da Unidas Podemos, ha infatti lanciato la proposta di una settimana lavorativa di 32 ore spalmate su quattro giorni con stipendio invariato. E cioè otto ore al giorno fino al giovedì, con weekend allungato.
L’obiettivo è lo stesso di Chirac di 24 anni fa: una migliore qualità della vita per i singoli che, avendo più tempo libero, hanno maggiore possibilità di spesa e dunque contribuiscono a ingrossare il Pil e il fatturato delle aziende. Il tutto mantenendo inalterata la produttività dei lavoratori.
Sempre in Spagna, la Software Delsol dal 2020 fa lavorare i suoi 193 dipendenti quattro giorni. Anche qui, i risultati sono positivi: +6% di produttività e -30% di assenteismo. Comunque, non mancano test simili anche in altre parti del mondo.
Nell’estate del 2019, in Giappone, Microsoft ha ad esempio sperimentato le 32 ore lavorative, che hanno portato a una crescita del 40% della produttività. A dicembre 2020 è iniziata anche la sperimentazione della settimana di quattro giorni anche alla Unilever, in Nuova Zelanda.
C’è poi la Toyota a Göteborg, in Svezia, dove i turni sono di sei ore e gli utili sono migliorati. È di quest’anno anche la proposta di Awin, che ai suoi mille dipendenti (di cui 32 in Italia) consente di lavorare quattro giorni, anche a distanza e di poter scegliere il giorno libero.
Infine, in Italia, abbiamo il caso di Carter & Benson, che a partire da gennaio 2020 ha introdotto la settimana lavorativa di 36 ore e dal 2021 quella di quattro giorni. Una differenza abissale se pensiamo ai dipendenti di Goldman Sachs, che lavorano in media dalle 95 alle 100 ore settimanali. Quelle di sonno sono circa cinque per notte.
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