Giornata dedicata alla Festa dei Lavoratori, il 1° maggio è spesso utilizzato come momento di riflessione per provare a capire in quale direzione stia andando un determinato Paese e ciò che si prospetta per l’Italia nel prossimo futuro non lascia spazio a un grande sentimento d’ottimismo.
Secondo l’ultima analisi condotta dalla Fondazione Di Vittorio, il mondo del lavoro italiano nei prossimi vent’anni dovrà confrontarsi con una problematica sempre più marcata nel Belpaese: il calo della forza lavoro.
Il trend negativo sul piano demografico non sembra, infatti, destinato a migliorare né nel breve che nel medio periodo, con l’Italia che da qui al 2043 sarà chiamata a confrontarsi con un’enorme perdita di lavoratori.
Stando all’Instant Paper diffuso dalla Fondazione Giuseppe Di Vittorio, dal titolo “L’Italia tra questione demografica, occupazionale e migratoria” e a cura di Beppe De Sario e Nicolò Giangrande, nel 2043 la popolazione in età da lavoro (ovvero tra i 15 e i 64 anni) in Italia sarà inferiore di 6,9 milioni di persone rispetto a quella attuale.
Ciò significa che da qui a vent’anni la forza lavoro nello Stivale diminuirà di circa 7 milioni, a seguito di una diminuzione della popolazione italiana sempre più marcata.
Un grandissimo problema per il mondo del lavoro.
Stando ai dati proposti, già oggi gli over 50 rappresentano il 39% degli occupati in Italia e questo numero continuerà a crescere nei prossimi anni, visto il costante invecchiamento della popolazione.
L’analisi proposta dalla Fondazione Di Vittorio fornisce, infatti, delle previsioni per nulla rassicuranti.
Entro il 2043 si prevede che la popolazione residente in Italia diminuirà di oltre 3 milioni di persone rispetto a oggi, 903.000 delle quali classificabili come giovani.
Ciò significa che circa 7 milioni di persone in età da lavoro spariranno nei prossimi vent’anni, a fronte di un aumento invece degli anziani (+4,8 milioni).
Lo scenario per i lavoratori italiani non è, dunque, dei migliori, come sottolineato dal Presidente della Fondazione Di Vittorio, Fulvio Fammoni:
“Stiamo parlando di un calo insostenibile che, se non contrastato con interventi immediati, prospetterebbe un futuro di declino cui non ci si può rassegnare”.
Per contrastare (almeno in parte) questo fenomeno di calo demografico e conseguentemente della forza lavoro, il saldo migratorio attuale dovrebbe aumentare di almeno 150.000 persone all’anno.
“Non esiste un’unica leva, ma più fattori non contrapponibili fra di loro su cui intervenire. La ricerca infatti propone dati e idee di possibili interventi per ridurre in modo accettabile il calo della popolazione in età da lavoro, estendendo a tutti diritti e opportunità e garantendo al Paese la possibilità di sviluppo economico e sociale”.
Ha tenuto a sottolineare sempre il Presidente di FDV, Fammoni, al cui pensiero di legano anche le parole pronunciate dalla Segretaria Confederale della CGIL, Tania Scacchetti:
“È necessario uscire dalla logica della propaganda e avviare una serie di misure e di investimenti volti alla ripresa della natalità, al sostegno dell’occupazione femminile e all’ingresso legale dei migranti nel nostro Paese. Un insieme di politiche che non devono assolutamente essere contrapposte”.
Oltre che i dati allarmanti sopra citati, lo studio condotto dalla Fondazione Di Vincenzo ha prodotto anche delle possibili soluzioni per provare a mitigare, almeno in parte, il problema.
Prima di tutto occorrerebbe un cambiamento sociale nel mercato del lavoro, con politiche utili a spingere gli italiani in età giovanile a restare nel Paese e non migrare all’estero.
Un tema di cui si dibatte spesso in termini filosofici, ma a favore del quale raramente si trovano delle soluzioni concrete e pratiche.
Doveroso sarebbe, infatti, creare un mercato del lavoro più competitivo e sano, con salari dignitosi e in linea con l’attuale costo della vita in Italia.
Come già proposto in precedenza, un aiuto ulteriore dovrebbe poi essere ricercato alla voce immigrazione.
Aumentare quella regolare porterebbe sicuramente un beneficio alla fascia rappresentata dai lavoratori.
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