Oprah Winfrey, Steve Jobs, Steven Spielberg, Spike Lee sono solo alcuni dei personaggi divenuti famosi ad aver iniziato la propria carriera come stagisti precari e mal retribuiti. Per non parlare di Jeff Bezos che cuoceva hamburger da McDonald’s quando aveva solo 16 anni.
Insomma, non importa da dove si cominci, ma l’impegno che uno ci mette per arrivare all’obiettivo.
Nel nostro Paese, però, l’impegno non sempre basta. Con il rischio di iniziare uno stage formativo e ritrovarsi bloccato in un circolo vizioso, dove la mancanza di opportunità e gli stipendi miseri pregiudichino non solo una carriera, ma tutta la vita. Costringendo migliaia di giovani a sopravvivere, invece che a vivere sul serio.
Lo stage o tirocinio è un periodo di formazione “on the job” presso un’azienda o un ente. Non si tratta di un rapporto di lavoro, ma di una misura finalizzata a favorire l’orientamento al lavoro. Permettendo di acquisire conoscenze e competenze professionali.
Esistono diverse tipologie di tirocinio/stage a seconda delle finalità, delle categorie di soggetti interessati, degli enti proponenti.
La differenza sostanziale riguarda innanzitutto la retribuzione. Per gli stage extracurricolari è previsto l’obbligo di erogare un compenso mensile, mentre per gli stage curricolari tale obbligo non sussiste. Un’altra differenza molto importante, anche se tecnica, è che gli stage extracurricolari devono essere comunicati allo Stato attraverso la cosiddetta “comunicazione obbligatoria” al momento dell’avvio. Il che permette ai centri per l’impiego di conoscerne l’esistenza e di tracciarli. Lo stesso obbligo non è invece presente per gli stage curricolari, rendendo quindi particolarmente difficile prevederne il numero e l’andamento.
In ogni azienda è possibile fare un solo stage , tuttavia non esiste un numero massimo di stage che si possono fare nella vita. Questo spinge migliaia di giovani a inseguire uno stage dopo l’altro, nella speranza di essere finalmente assunti. Tuttavia, occorre ricordare che lo stage, non essendo un contratto di lavoro, non dà diritto a contributi previdenziali e non ha valore ai fini pensionistici.
La risposta è variabile. Fino a qualche anno fa potevano anche essere gratuiti, ma negli ultimi anni è stato introdotto l’obbligo di compenso.
I compensi per gli stage extracurriculari sono obbligatori, ma sono molto bassi, e variano di Regione in Regione: si va dai 300 della Sicilia ai 500 della Lombardia agli 800 del Lazio.
Cifre davvero basse, e non stupisce quindi che in Italia i giovani se ne vadano di casa solo a 30 anni. Mettendoci 12 anni in più rispetto agli svedesi, leader nella classifica della precocità.
Bamboccioni, choosy, sdraiati. Parole che fanno di tutta l’erba un fascio, unendo pigrizia e mancanza di mezzi in un’unica espressione sprezzante. Senza chiedersi perché un ragazzo non riesca a mantenersi in modo indipendente. C’è chi dice che siano i giovani a non volere lavorare. Eppure secondo un’indagine, il 52% di loro ammette di provare più ansia e desiderio nell’attesa di una chiamata per uno stage che non per la conferma di un’uscita magari aspettata da tanto.
Che prospettive può avere un giovane? Certo a 20, 25 anni, (forse) è ancora presto per fare dei progetti di vita. Ma quando ci si avvicina ai 30, e si comincia a pensare di acquistare un immobile, accendere un mutuo, progettare una famiglia, allora si comincia a capire che sì, c’è, qualcosa di sbagliato nel mercato del lavoro in Italia.
La pandemia di Covid ha provocato una profonda lacerazione dal punto di vista lavorativo e i suoi effetti sono stati avvertiti, in modo forte, anche dai più giovani.
Secondo gli ultimi dati nei primi sei mesi del 2020 si è registrata la metà delle opportunità di stage extracurricolari rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Sommando il primo e il secondo trimestre del 2020, sono partiti in Italia 96.376 stage. Nello stesso periodo del 2019 le attivazioni erano state 185.152. La diminuzione delle opportunità si è attestata dunque, per il primo semestre del 2020, sul 48%.
“Come sempre accade, anche questa crisi rafforzerà ulteriormente il sistema già malato di welfare familiare, erodendo i risparmi e le pensioni di nonni e genitori per mantenere le giovani generazioni senza prospettive di guadagno”, ha sottolineato Eleonora Voltolina, fondatrice e direttrice della “Repubblica degli Stagisti”
La crisi ha reso sempre più difficile trovare un nuovo impiego, non solo per i giovani ma anche per le fasce più alte d’età. Come Robert De Niro, nel film “Lo stagista inaspettato” sono sempre di più gli ultraquarantenni e persino gli ultracinquantenni che, pur di tornare in attività, si reinventano stagisti. Nella maggior parte dei casi si tratta di persone che escono da un lungo periodo di cassa integrazione e di disoccupazione e che non possono più contare su alcun tipo di sostegno. In questo caso il tirocinio viene utilizzato come extrema ratio, diventando un ammortizzatore sociale di ultima istanza.
Nel terzo trimestre del 2020 i tirocini extracurriculari degli over 50 sono aumentati del 20% su base annua, rileva sempre l’indagine della “Repubblica degli Stagisti”.
Molti giovani sono più che felici di iniziare uno stage, o il secondo, o il quarto, purché alla fine vengano assunti. Ma è davvero così? Sempre a causa della pandemia di Covid, le opportunità di assunzione sono calate in modo importante. Nel 2019 delle 355.863 persone che avevano iniziato un tirocinio nel corso, ben il 43% è stato assunto. Meno di uno stagista su 2 quindi, ha potuto tirare un sospiro di sollievo. Nel 2020, solo il 17% degli stage si sono trasformati in un impiego.
Come prevedibile, la pandemia ha penalizzato maggiormente le donne. Fino al 2019 la situazione era abbastanza in parità in termini di genere. Per fare un esempio concreto, nel 2019 si erano registrati 179 mila stage per donne e 177 mila per uomini. Durante il 2020, si è registrato uno scarto di 4 punti percentuali a sfavore del genere femminile.
La giornata mondiale degli stagisti serve non solo a celebrare una situazione con cui tantissimi nella vita si sono trovati ad avere a che fare. Ma anche a mettere in luce una situazione grave e che, soprattutto, dura da troppo tempo.
Perché non può esserci futuro senza i giovani. Con il rischio che quelli che dovrebbero essere trampolini per il futuro, diventino sabbie mobili da cui è molto difficile uscire.
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