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ECONOMIA

Gas in rubli, “niet” del G7 a Putin | Cosa succede dal 31 marzo?

Vladimir Putin tira dritto sulla questione del gas in rubli. Il 28 marzo il Cremlino ha infatti confermato che la Russia sta lavorando a un piano per accettare il pagamento delle forniture dai Paesi ritenuti “ostili” solo nella moneta nazionale russa e non più in euro o in dollari.

La data da cerchiare di rosso sul calendario è quella del 31 marzo. Entro giovedì la Banca centrale russa, il governo di Mosca e il colosso energetico statale Gazprom dovranno infatti presentare il piano dettagliato per gestire i pagamenti. Il Cremlino, inoltre, avverte che, qualora l’Europa non dovesse accettare questo cambiamento, la Russia è pronta a prendere ulteriori misure “nei tempi necessari”. I Paesi del G7 – Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Usa – hanno infatti già bollato la decisione di Putin come “inaccettabile”, sostenendo che il leader russo è con “le spalle al muro”. A questo punto, dunque, una domanda sorge spontanea: cosa succederà dal 31 marzo?

Gas in rubli, le due alternative: stop ai contratti o rubinetti chiusi

Il futuro delle importazioni di gas russo sono più incerte che mai. Robert Habeck, ministro dell’Economia della Germania (a cui spetta la presidenza di turno del G7), dopo un meeting virtuali con i suoi omologhi ha definito quella della Russia “una chiara violazione unilaterale dei contratti esistenti”. Habeck ha quindi specificato che “un pagamento in rubli non è accettabile”, lasciando intendere che l’Europa non accetterà questa condizione.

Foto Unsplash | Anton Maksimov

Non è tardata ad arrivare, però, la replica di Mosca. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha detto che, se l’Ue non pagherà il gas in rubli, certamente le forniture dalla Russia non saranno gratuite. “Di sicuro non forniremo gas gratuitamente, questo è certo – ha detto Peskov, citato dalla Tass –. È quasi impossibile fare beneficenza nella nostra situazione”.

La decisione di Putin di far pagare il gas in rubli è chiaramente un tentativo per salvare la nazione dal default e rinvigorire la moneta russa, la cui valutazione è crollata sotto il peso delle sanzioni occidentali per l’invasione dell’Ucraina. Per i Paesi europei, però, si tratta di una violazione dei contratti in essere, nei quali è indicata con precisione sia la quantità di materia prima che Gazprom deve fornire sia la valuta in cui i governi devono pagarla.

LEGGI ANCHE: Gas in rubli, ma Gazprom assicura: “Forniture regolari in Europa”

Una modifica unilaterale non è dunque prevista, a meno che non si tratti di una decisione valida solo per i contratti futuri. Un’ipotesi, quest’ultima, però improbabile, dato che Putin si aspetta delle soluzioni immediate. A questo punto, a meno che una delle due parti non ceda prima, lo scontro fra Mosca e l’Europa rischia di risolversi solo in un modo: uno stop alle forniture di gas russo.

Da un lato, infatti, i Paesi occidentali potrebbero non accettare di pagare il gas in rubli e Gazprom chiuderebbe di conseguenza i rubinetti; dall’altro i fornitori potrebbero invalidare i contratti in essere rischiando così di non ricevere più le forniture. Pagare nella valuta russa non appare invece una soluzione praticabile per via della sua scarsa reperibilità sui mercati internazionali.

LEGGI ANCHE: Ecco da chi importerà più gas l’Italia per far fronte alla crisi

Per comprare rubli i governi dovrebbero inevitabilmente passare per la Banca centrale di Mosca, la quale avrebbe così il “coltello dalla parte del manico”. Decidendo sulle erogazioni di moneta, infatti, potrebbe modificarne il tasso di cambio con altre valute, facendone così risalire le quotazioni e ridando slancio all’economia nazionale. L’esatto opposto di ciò che l’Ue vuole ottenere attraverso le sanzioni.

Foto Unsplash | Helio Dilolwa

Quali sono le conseguenze nell’immediato, in particolare per l’Italia? Al momento, forse, nessuna. Il nostro Paese anche in caso di chiusura dei rubinetti da parte di Gazprom non si ritroverebbe infatti senza gas, in virtù anche del piano di diversificazione dei canali di approvvigionamento. La perdita si aggira attorno ai 10-12 miliardi di metri cubi annui. Delle misure potrebbero infine rendersi necessarie l’anno prossimo, ad esempio con il contenimento della domanda e nuove regole per le temperature e gli orari nelle case degli italiani.

Alessandro Boldrini

Classe 1998, laureato in Scienze Umanistiche per la Comunicazione alla Statale di Milano, sono giornalista pubblicista dal 2019. Mi occupo di cronaca nera, giudiziaria e inchieste sulla criminalità organizzata. Ho mosso i primi passi nella cronaca locale, fino a collaborare con il quotidiano statunitense The Wall Street Journal. Sono un attivista antimafia e partecipo come relatore ad assemblee pubbliche sul tema al fianco di magistrati ed esperti del settore. Amo il calcio, la musica, il cinema e la fotografia.

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