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L’export italiano è in crisi per via del Coronavirus e il settore dell’auto è quello più problematico. A sostenerlo è Alessandro De Nisco, che è Professore Ordinario di Marketing e Management presso l’Università degli Studi Internazionali di Roma – UNINT, dove è anche Preside della Facoltà di Economia e Coordinatore del Dottorato di ricerca internazionale in “Intercultural relations and international management”. De Nisco spiega come si sta evolvendo la situazione economica in questa complicata Fase 2 del Coronavirus.
“Il commercio internazionale solitamente è quello che rimbalza prima: superata la crisi è il primo settore che riparte. E in questo l’Italia ha l’esempio della crisi del 2008, anche se è molto differente. Il Governo ha dato subito spazio all’export fin dal primo decreto, che progressivamente si è anche ampliato, individuando tre linee di azione: promozione, finanziamento a tasso agevolato delle attività di internazionalizzazione e poi attività di garanzia rispetto a finanziamenti bancari oppure rispetto a crediti commerciali verso i mercati esteri”.
Il problema dell’export nel settore delle auto
“Ancora una volta”, sostiene De Nisco, “siamo nel campo di interventi che hanno una natura indifferenziata, riguarda cioè a 360 gradi le attività di export. Si pongono però ora problemi di una ripartenza, che però non sarà indifferenziata ma dipenderà prioritariamente dai settori e dalle diverse aree del mondo. Il vero problema riguarderà i beni intermedi, ovvero quei beni che noi esportiamo perché completano la componente di un altro prodotto”. E qua arriviamo al problema dell’export nel settore delle auto.“In un Paese manifatturiero come il nostro, la crisi che stiamo vivendo è una crisi che ha un’incidenza molto più elevata rispetto a un Paese che esporta soprattutto servizi tecnologici. Tra i settori, il più problematico sarà quello dell’automotive. La prima traiettoria è comprendere quali settori avranno più difficoltà e prevedere linee di interventi più finalizzate. Riguardo le opportunità, ora è tempo di aggredire il mercato cinese per ora molto sottodimensionato e potenziare il settore del commercio elettronico”.