L’indomani dell’annuncio del presidente russo Vladimir Putin di aver riconosciuto formalmente le autoproclamate repubbliche popolari del Donbass, l’escalation militare in Ucraina spaventa le borse europee. Oggi, infatti, i principali indici hanno aperto in profondo rosso.
A partire dall’Italia, con il Ftse Mib di Milano che cede il 2,59% a 25.375 punti. Sul listino principale assistiamo al fenomeno del cosiddetto “panic selling” sulle banche, con Unicredit che registra un calo del 4,5%. Ma anche su Tim, la peggiore del listino, che lascia addirittura il 7,3%.
Male anche le altre piazze europee: a Parigi il Cac 40 ha ceduto in apertura il 2,28% a 6.633 punti; il Dax di Francoforte ha aperto invece con un calo del 2,48% a 14.365 punti; mentre più contenuto è l’arretramento del Ftse 100 di Londra con l’1,2% a 7.394 punti.
Continua poi ad affondare la Borsa di Mosca, che ieri – 21 febbraio – è precipitata ai livelli della crisi del 2014. I venti di guerra in Ucraina hanno infatti costretto il mercato azionario russo a un’apertura con un calo dell’8% a pochi minuti dall’avvio degli scambi.
Perdono terreno anche gli indici asiatici, che potrebbero ancora risentire delle nuove sanzioni in arrivo contro Mosca annunciate dalla Casa Bianca. A livello economico, però, le conseguenze di un conflitto nella regione del Donbass rischiano di allargarsi a macchia d’olio in tutto il Vecchio Continente.
Soprattutto in termini di rincari sui prezzi di import/export di alcune materie prime. Come il gas naturale, il cui costo vola: la quotazione sulla piazza di Amsterdam è infatti a 80 euro/Mwh con un aumento del 10% dopo essere salita fino a 82 euro con un rialzo del 13,2%.
In netto rialzo anche le quotazioni del petrolio, che risente della crisi ucraina. Questa mattina il Brent del Mare del Nord ha toccato i 97,51 dollari al barile con un aumento del 2,21%; mentre il Wti ha guadagnato il 3,95% a 94,64 dollari al barile.
In aumento, inoltre, il prezzo dell’oro sui mercati asiatici, i quali sono arrivati a toccare durante la seduta i 1.915 dollari l’oncia, ai massimi da otto mesi. Ora il lingotto con consegna immediata passa di mano a 1.911 dollari l’oncia, con un rialzo dello 0,26%.
Un eventuale conflitto in Ucraina potrebbe però assestare un duro colpo anche sull’importazione di risorse come nichel e alluminio, i cui prezzi hanno toccato rispettivamente i record storici negli ultimi 11 e 13 anni a seguito delle sanzioni annunciate da Usa e Ue contro Mosca.
La Russia è infatti fra le principali produttrici di questi materiali, molto diffusi in diversi settori. Il nichel, ad esempio, è utilizzato per la produzione delle batterie delle automobili; mentre l’alluminio in industrie che operano in svariati campi: elettronica, chimica, edilizia, difesa e aerospaziale.
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