La crisi del Dragone si allarga e all’orizzonte già si intravede il rischio contagio. China Evergrande, il colosso immobiliare cinese più indebitato al mondo e diventato il simbolo della crisi del settore nel Paese, ha dichiarato bancarotta presso una Corte di New York.
La società, un tempo la seconda immobiliare in Cina per fatturato, ha presentato istanza di fallimento e chiesto la protezione dai creditori in un tribunale a Manhattan, secondo il capitolo 15 del codice fallimentare Usa, che protegge le società non statunitensi in fase di ristrutturazione dai creditori che sperano di farle causa o di bloccarle beni negli Stati Uniti. Evergrande chiede il riconoscimento dei colloqui di ristrutturazione in corso a Hong Kong, nelle Isole Cayman e nelle Isole Vergini britanniche.
La società – affossata dalla stretta ai prestiti bancari decisa dalla leadership comunista circa 2 anni fa per abbattere l’impennata del debito sistemica – aveva accumulato più di 270 miliardi di dollari di passività. Travolta dai debiti, era fallita nel 2021, scatenando la peggiore crisi del mercato immobiliare cinese mai registrata. Nel marzo di quest’anno, aveva già presentato un piano di ristrutturazione multimiliardario per ripagare i suoi creditori internazionali.
L’istanza rappresenta una svolta nei due anni di crisi del colosso cinese, il primo grande gruppo immobiliare a dichiarare problemi finanziari sotto il peso di debiti per oltre 330 miliardi di dollari. La mossa, relativa a oneri offshore per 31,7 miliardi di dollari tra bond, garanzie e obblighi di riacquisto, è maturata un po’ a sorpresa dato che mercoledì il gruppo aveva annunciato il rinvio, dal 23 al 28 agosto prossimi, della riunione dei creditori sulla ristrutturazione del debito offshore.
Resta da capire quanto la vicenda peserà o sarà condizionata dalle pessime relazioni tra Washington e Pechino e, soprattutto, quali effetti avrà sull’economia cinese in deciso affanno e alle prese con pesanti turbolenze finanziarie con rischi crescenti di contagio.
Sul gruppo peraltro è caduta anche la tegola della controllata al 63% Hengda Real Estate, il suo core business immobiliare. La compagnia è finita nel mirino della China Securities Regulatory Commission (l’autorità di vigilanza e regolamentazione sui titoli) per la sospetta manipolazione dei dati finanziari, secondo quanto riferiscono i media locali.
A preoccupare i mercati è anche l’astronomico indebitamento di un altro gigante immobiliare cinese, Country Garden. Il più grande gruppo immobiliare privato del Paese, un tempo considerato finanziariamente solido, lunedì scorso non è stato in grado di rimborsare due rate di interessi sui prestiti e rischia formalmente il default se non paga entro l’inizio di settembre o se non convince i creditori a concedergli più tempo.
Il prezzo delle azioni della Country Garden è oramai sceso sotto quota un dollaro a Hong Kong mentre le sue perdite stanno aumentando, con una previsione fino a 7,6 miliardi di dollari nei primi sei mesi dell’anno.
L’iniziativa di Evergrande sulla bancarotta protetta negli Usa arriva tra i crescenti timori che i problemi dell’immobiliare possano conteggiare altri settori dell’economia cinese mentre rallenta la crescita del Pil. Dall’inizio della crisi del debito del settore a metà del 2021, le società che rappresentano il 40% delle vendite di case cinesi sono fallite.
Pechino ha accumulato una serie di indicatori economici negativi che mettono in allarme la leadership cinese, tanto da spingerla a non diffondere i dati sulla sulla disoccupazione giovanile, dopo il record storico di giugno (il 21,3% nella fascia 16-24 anni).
Il premier Li Qiang ha assicurato che il Paese lavorerà per “raggiungere i suoi obiettivi economici” per l’anno in corso e cioè un ritmo di crescita del Prodotto interno lordo di circa il 5% dopo il +5,5% del primo semestre.
La crisi del settore immobiliare in Cina fa paura ai mercati internazionali e rischia di innescare un effetto domino a livello globale. La Banca centrale cinese già nelle scorse ore ha tentato di rassicurare annunciando che metterà mano alle “politiche immobiliari in modo tempestivo” .
Intanto la Borsa di Hong Kong continua a bruciare capitalizzazione in scia alle ultime turbolenze del settore immobiliare cinese con i primi contagi estesi al comparto finanziario. L’indice Hang Seng cede il 2,05%, a 17.950,85 punti, alimentando ulteriormente le incertezze sulla tenuta della già debole economia.
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