Calo occupazione, Istat: “456mila posti in meno nel 2020″

Gli ultimi dati diffusi dallIstat mettono in luce un mercato del lavoro sempre più in difficoltà. In media annua si è osservato un calo dell’occupazione sena precedenti (-456mila, -2,0%), associato a una forte crescita del numero degli inattivi. La diminuzione delle posizioni dipendenti (-1,7%) e del monte ore lavorative (-13,6%), così come l’aumento del ricorso alla cassa integrazione guadagni (+139,4 ore ogni mille lavorative), sono più marcati nel comparto dei servizi rispetto a quello dell’industria.

L’impatto dell’emergenza sanitaria

L’emergenza sanitaria e le restrizioni introdotte per rallentare la diffusione del coronavirus hanno influenzato le dinamiche del mercato del lavoro anche nel quarto trimestre 2020. L’input di lavoro, misurato dalle ore lavorative, è sceso dell’1,5% rispetto al trimestre precedente e del -7,5% rispetto al quarto trimestre 2019. Facendo un paragone con gli stessi periodi, il Pil è sceso, rispettivamente, del -1,9% e del -6,6%. Il numero degli occupati è cresciuto di 54mila unità (+0,2%) rispetto al terzo trimestre 2020, per effetto dell’aumento dei dipendenti a tempi indeterminato (in termini assoluti superiore al calo di quelli a termine) e della lieve crescita degli indipendenti. Al tempo stesso, si è registrata una riduzione del numero di disoccupati (-122mila) più consistente di quella degli inattivi di 15-64 anni (-10mila).

Il calo dell’occupazione

Nonostante l’incremento dei dipendenti a tempo indeterminato (98mila in più, pari a +0,7%), l’occupazione è ancora in calo (-414mila unità, -1,8% rispetto al quarto trimestre 2019). Diminuisce anche il numero dei dipendenti a termine (-383mila, -12,3%) e degli indipendenti (-129 mila, -2,4%). La riduzione interessa sia gli occupati a tempo pieno sia quelli a tempo parziale, tra i quali l’incidenza del part time involontario raggiunge il 65,2% (+1,3 punti).

Diminuiscono i disoccupati

Diminuiscono i disoccupati (-172 mila, -6,7% rispetto al quarto trimestre 2019), sia in cerca di prima occupazione sia con precedenti esperienze di lavoro, e si intensifica l’aumento del numero di inattivi tra i 15 e i 64 anni (+403 mila, +3,1% in un anno). Il tasso di occupazione, pari al 58,2%, cresce in termini congiunturali (+0,3 punti rispetto al terzo trimestre 2020), ma è ancora inferiore di -0,8 punti a quello del quarto trimestre 2019. Il tasso di disoccupazione diminuisce, in termini congiunturali e tendenziali, mentre quello di inattività – tra le persone con 15-64 anni – aumenta soprattutto nel confronto con il quarto trimestre 2019, prosegue l’Istat.

Rallenta il recupero dell’input di lavoro

Dal lato delle imprese, l’adozione di nuove misure di restrizione dell’attività economica nel quarto trimestre 2020 ha rallentato il recupero dell’input di lavoro che aveva caratterizzato il trimestre precedente: la crescita congiunturale per le posizioni lavorative dipendenti si ferma a +0,3%, sia per la componente a tempo pieno, sia per quella a tempo parziale. Il numero di posizioni dipendenti è ancora inferiore dell’1,7% a quello del quarto trimestre 2019, soprattutto per la componente a tempo parziale (-3,4%). La contrazione delle ore lavorate per dipendente, che diminuiscono del -2,9% su base congiunturale, è più marcata su base tendenziale (-7,4%).

Aumenta il ricorso alla cassa integrazione

Aumenta il ricorso alla cassa integrazione, che si attesta su 92,5 ore di Cig ogni mille ore lavorate, e il tasso dei posti vacanti diminuisce di 0,1 punti percentuali su base congiunturale e di 0,3 su base annua. Il costo del lavoro per unità di lavoro diminuisce dello 0,6% in termini congiunturali, per effetto di un lieve aumento delle retribuzioni (+0,5%) e di un sostenuto calo degli oneri sociali (-3,5%). In termini tendenziali il costo del lavoro continua a registrare una lieve crescita (+0,5%), dovuta a un aumento dell’1,5% della componente retributiva – la contrazione dell’ammontare delle retribuzioni è meno marcata di quella dell’input di lavoro – e a una riduzione del 2,3% degli oneri; quest’ultimo calo è riconducibile all’adozione delle misure varate nella seconda metà dell’anno 2020, relative all’esonero dal versamento dei contributi, prosegue l’Istat.

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