Oggi è stato il giorno ufficiale del passaggio di consegne tra il governatore uscente della Banca d’Italia Ignazio Visco, giunto alla scadenza del secondo mandato, e Fabio Panetta, nuovo numero uno di Palazzo Koch, dove era entrato per la prima volta nel 1985. L’economista esperto di euro digitale ha lasciato il board della Banca centrale europea per sedere sulla poltrona più prestigiosa di via Nazionale, dove ha ricoperto tra l’altro il ruolo di direttore generale.
Nato a Roma 64 anni fa, Panetta si è laureato in economia all’università Luiss di Roma prima del master alla London School of Economics e il dottorato alla London Business School. Il suo cursus honorum all’interno dell’istituto non ha mai conosciuto intoppi sin da quando, giovanissimo, preparava le analisi sui mercati monetari per Carlo Azeglio Ciampi.
I primi passi li muove nel Servizio studi, presso la direzione monetaria e finanziaria, di cui assume la guida nel 1999. A notarlo in quegli anni è l’allora governatore Antonio Fazio, che ne farà il suo primo consigliere per i temi bancari.
Anche il successore alla guida di Palazzo Koch, Mario Draghi, ne apprezza doti e capacità e nel 2007 lo nomina capo del Servizio studi di congiuntura e politica monetaria. Dal 2010 è anche responsabile del Rapporto sulla stabilità finanziaria. Nel 2011 diventa direttore centrale con il compito di coordinare le attività collegate alla partecipazione della Banca d’Italia all’Eurosistema e l’analisi della stabilità finanziaria.
Nell’ottobre del 2012, Ignazio Visco lo sceglie come vice direttore generale. Da maggio a dicembre 2019 ricopre la carica di direttore generale e presidente dell’Ivass, prima di approdare a Francoforte, dove ricopre dal 2020 la carica di membro del comitato esecutivo della Bce e presidente della task force per l’euro digitale.
In questo periodo Panetta segue i dossier più caldi sotto il profilo bancario e ha anche fatto parte della vigilanza della Banca centrale europea. Per tre anni difficili – quelli della pandemia e del post Covid – Panetta si dimostra competente e pragmatico.
La sua nomina a numero uno di via Nazionale risale allo scorso 28 giugno. Dopo giorni di alta tensione, il governo si è ricompattato scegliendolo per la guida della Banca d’Italia. Durante la formazione del governo, secondo le indiscrezioni circolate, Giorgia Meloni avrebbe puntato proprio su di lui per la casella di ministro dell’Economia. Una proposta che Panetta avrebbe declinato aprendo la strada alla nomina di Giancarlo Giorgetti.
Al suo posto nel board della Banca centrale europea arriva Piero Cipollone, già vice direttore generale di Bankitalia.
Dalla scrivania su cui da oggi si siede – e che fu, tra gli altri, di Guido Carli, Luigi Einaudi, Carlo Azeglio Ciampi e Mario Draghi – il governatore trova vari dossier: la vigilanza sulle banche, l’analisi dell’economia italiana e un rapporto con il governo non sempre facilissimo vista l’ostilità che una fetta della maggioranza nutre verso la Bce e l’Unione europea.
Panetta torna a Palazzo Koch nel pieno di una congiuntura complicata, tra i picchi dell‘inflazione, la politica monetaria restrittiva di Francoforte, la bassa crescita e le tensioni internazionali.
La Banca d’Italia che eredita, secondo le parole di congedo usate dallo stesso Visco, è “autorevole, indipendente, profondamente rinnovata eppure ancora sempre aperta al rinnovamento e, nel mutare di temperie e ordinamenti, intimamente fedele alla sua storia e al suo impegno a perseguire, senza timori e senza compromessi, l’interesse della collettività“.
Ieri, intervenendo alla Giornata mondiale del risparmio nell’ultimo giorno da governatore di Bankitalia, Visco non ha lasciato spazio all’ottimismo sullo stato di salute dell’economia: “La fase di sostanziale ristagno del prodotto è proseguita in Italia anche nell’estate. Le nostre indagini e gli indicatori qualitativi continuano a segnalare una diffusa debolezza dell’attività manifatturiera. Nonostante il buon andamento del turismo, nei servizi sembra essersi esaurito il forte recupero” post pandemia.
Sulle stime economiche d’altra parte aleggiano rischi “orientati al ribasso, soprattutto per l’acuirsi delle tensioni geopolitiche e l’irrigidimento delle condizioni di finanziamento”.
Visco ha ribadito la necessità di “una rapida riduzione del disavanzo” ma il “consolidamento dei conti non deve, come in passato, compromettere la qualità della spesa pubblica e la sua capacità di sostenere la crescita”. Occorre dunque compiere “scelte sulla base di priorità ben definite”, indirizzano le risorse “verso quegli investimenti che il settore privato non potrebbe porre in atto”.
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