ECONOMIA

Aziende dicono stop ai programmi di inclusione e diversità dopo gli ordini esecutivi di Trump

La cosiddetta “cultura woke”, spesso criticata da Trump e dai suoi sostenitori, sembra subire un duro colpo con la nuova ondata di cambiamenti aziendali

L’amministrazione del presidente Donald Trump ha dato il via a un massiccio smantellamento dei programmi di diversità, equità e inclusione (DEI) all’interno del governo federale, con ripercussioni che si stanno estendendo anche al settore privato. Il primo giorno del suo secondo mandato, Trump ha firmato un ordine esecutivo che ha imposto alle agenzie federali di chiudere tutti gli uffici e le iniziative legate al DEI, mettendo il personale in congedo retribuito in vista del licenziamento.

Le aziende dicono stop ai programmi di inclusione e diversità

L’Office of Personnel Management ha ordinato la rimozione di qualsiasi contenuto DEI dai siti web governativi e ha chiesto alle agenzie di terminare contratti e formazioni relative a questi temi. Inoltre, i lavoratori federali sono stati avvisati che eventuali tentativi di rinominare programmi DEI per eludere le nuove direttive potrebbero comportare conseguenze negative”.

McDonalds’s | pexels @Robi Pastores – Newsby.it

Questa decisione ha avuto effetti immediati anche nel settore privato. Google, una delle aziende tecnologiche più influenti al mondo, ha annunciato la cancellazione degli obiettivi di inclusione che si era prefissata per il 2025. Il colosso, che conta circa 180.000 dipendenti a livello globale, ha dichiarato che, essendo un fornitore del governo federale, deve adeguarsi alle nuove direttive. Secondo i dati più recenti, nel 2024 i dipendenti neri in Google erano il 5,7%, mentre gli ispanici o latinoamericani il 7,5%. Nonostante la rimozione dei target DEI, l’azienda ha comunque affermato di voler continuare a garantire pari opportunità ai propri dipendenti.

Anche Meta ha seguito questa direzione, interrompendo i propri programmi di diversità e inclusione. L’azienda guidata da Mark Zuckerberg ha annunciato l’eliminazione dei fact-checkers dalle proprie piattaforme e ha ridotto l’impegno nei programmi DEI, suscitando reazioni contrastanti. Tra le scelte più discusse c’è stata anche la rimozione di tamponi e assorbenti femminili dai bagni maschili negli uffici Meta, una decisione vista come un allineamento alle nuove politiche anti-DEI.

Le mosse di Trump

Le mosse di Trump hanno innescato un effetto domino che ha coinvolto altri giganti aziendali come Amazon, McDonald’s, Walmart e Ford, i quali hanno iniziato a rivedere le proprie strategie in materia di inclusione. Walt Disney, ad esempio, ha già modificato alcuni contenuti dei suoi film e serie animate, eliminando personaggi trans da produzioni recenti come “Moon Girl and Devil Dinosaur” e rivedendo la trama della serie “Win or Lose”.

L’abbandono dei programmi DEI da parte di queste grandi aziende è stato interpretato da molti come una risposta diretta al ritorno di Trump alla Casa Bianca. Durante la sua precedente amministrazione, il tycoon aveva già tentato di bloccare le iniziative di diversità e inclusione, ma i suoi ordini erano stati revocati da Joe Biden nel 2021. Ora, con il nuovo mandato, l’attacco alle politiche inclusive è diventato ancora più aggressivo, includendo anche indagini del Dipartimento di Giustizia sulle aziende che promuovono la diversità nelle assunzioni e nella formazione.

Secondo l’ordine esecutivo firmato da Trump, i programmi DEI costituiscono una forma di discriminazione” e devono essere sostituiti da un sistema di assunzione “basato esclusivamente sul merito“. Il provvedimento ha trovato il supporto di una parte del mondo conservatore, che vede queste politiche come un favoritismo nei confronti delle minoranze a scapito dei lavoratori bianchi.

Tuttavia, non tutte le aziende si sono adeguate senza protestare. Alcuni colossi finanziari come Goldman Sachs e JPMorgan Chase hanno deciso di mantenere i loro impegni in materia di diversità, segnalando una divisione all’interno del mondo imprenditoriale statunitense. La fine delle politiche DEI pone infatti interrogativi sul futuro delle aziende e sulla loro capacità di attrarre talenti da diversi background.

La cosiddetta cultura woke”, spesso criticata da Trump e dai suoi sostenitori, sembra dunque subire un duro colpo con la nuova ondata di cambiamenti aziendali. La decisione di molte imprese di abbandonare le iniziative di inclusione e diversità potrebbe rappresentare una svolta epocale nel panorama lavorativo americano, riportando il mercato del lavoro a dinamiche più tradizionali e meno attente alle tematiche sociali.

Sebbene il nuovo corso imposto dall’amministrazione Trump stia rapidamente modificando il contesto aziendale e governativo, il dibattito su queste politiche resta acceso. I sostenitori del DEI ritengono che la cancellazione di questi programmi rappresenti un passo indietro nella lotta alla discriminazione, mentre i critici vedono questa mossa come una necessaria correzione a politiche considerate divisive. Sarà interessante osservare nei prossimi mesi come il mercato del lavoro e il tessuto sociale statunitense reagiranno a questi cambiamenti.

Giuliana Presti

Laureata in Giornalismo e Cultura Editoriale presso l'Università di Parma. Scrivo di cinema, cultura e attualità e amo la fotografia e la buona musica.

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