Dal prossimo mese di luglio e fino a dicembre 2021 entrerà in vigore la misura ponte per l’assegno unico ai figli. Sarà destinata a coloro che non dispongano già di assegni familiari, con cifre che variano a seconda dei vari casi. E che sono disponibili in una bozza della Legge Delega. A poterne usufruire, ad ogni modo saranno le famiglie il cui Isee non superi i 50 mila euro. L’età dei figli in questione dev’essere compresa tra gli 0 e i 18 anni.
Il Governo al lavoro per aiutare le famiglie
L’assegno unico, chiaramente, rappresenta una delle misure studiate dal Governo Draghi per far fronte all’annoso problema della natalità in Italia. Un tema caro a tutte le forze politiche e su cui il presidente del Consiglio è tornato ad esprimersi in tempi anche recenti. Per questo motivo si punta ad aiutare in maniera concreta le famiglie con figli. Ma, soprattutto, si vogliono incentivare le giovani coppie. In particolare quelle che dispongono di redditi più bassi.
Il Consiglio dei Ministri ha inserito la misura dell’assegno unico nella propria agenda di lavoro di questo venerdì. Verrà quindi inserita in un Decreto Legge-ponte, valido fino al prossimo dicembre. Dal gennaio 2022, quindi, arriverà definitivamente a regime. Queste le volontà della ministra per la Famiglia e le Pari opportunità, Elena Bonetti. Il documento è stato messo a punto con l’ausilio del ministro dell’Economia, Daniele Franco.
I numeri dell’assegno unico
L’importo dell’assegno unico potrà variare da un minimo di 30 euro al mese a un massimo di 167,50 per ciascun figlio. La cifra scende man mano che sale l’Isee, per poi arrivare a 0 al superamento dei 50 mila euro di reddito. L’importo è identico per il primo e il secondo figlio. Qualora ce ne siano più di due, dal terzo in poi l’importo base cresce del 30% per ogni figlio. Se i figli a carico sono tre (o più) e l’Isee non supera i 7.000 euro, la cifra per ogni figlio è di 217,80 euro.
L’assegno unico sarà ovviamente erogato ai cittadini italiani, ma non solo. Sarà infatti sufficiente anche solo pagare regolarmente le tasse nel nostro Paese e risiedervi da almeno due anni. Ammessi dunque anche i titolari di permesso di soggiorno per motivi di lavoro o di ricerca almeno semestrale.