Un grande statista e un appassionato riformatore. Così Mario Draghi ricorda, nel suo discorso di oggi alla Camera, Ugo La Malfa, a cui è dedicato un portale custode di tutti i suoi scritti e le sue lettere, oltre a un vasto archivio di documenti iconografici e audiovisivi. “Sono certo – ha spiegato il premier – che l’archivio che inauguriamo oggi contribuirà a diffondere la lezione riformatrice di La Malfa, il suo coraggio, la sua passione civile“. Ma chi è stato Ugo La Malfa? E che importanza ha avuto la sua politica nella storia del Paese?
Tra gli artefici del boom economico, sempre attento a bilanciare crescita e uguaglianza, Ugo La Malfa è stato uomo onesto e rigoroso, “che non dimenticava quando, da giovane studente alla Ca’ Foscari, per risparmiare si nutriva di fichi secchi“. Sin dagli anni dell’università, entra in contatto con gli oppositori al regime fascista e si lega a Gino Luzzatto e Silvio Trentin. Nel 1930 entra nella redazione dell’Enciclopedia Italiana. Quattro anni più tardi, inizia a lavorare nell’Ufficio Studi della Banca Commerciale Italiana, che dirigerà dal 1938. Il periodo milanese lo mette a contatto con il pensiero economico internazionale, in particolare con le molteplici ipotesi di intervento pubblico nell’economia.
“La Malfa è stato anche uno dei principali costruttori della Repubblica“, ricorda Draghi. Tra i fondatori del Partito d’Azione, La Malfa è stato protagonista della vita civile dell’Italia, senza mai perdere di vista i valori morali dell’attività clandestina e della Resistenza. Antifascista, la sua opposizione al Regime gli costa un arresto e la degradazione militare, prima dell’espatrio in Svizzera. Nel 1946 lascia il Partito d’Azione e aderisce successivamente al Partito Repubblicano Italiano. “La Malfa portò i valori liberali e democratici del Partito d’Azione nel Comitato di liberazione nazionale e in una nuova casa, il Partito Repubblicano Italiano“, spiega Draghi. Senza dimenticare il suo contributo alla politica estera, “dove agì da convinto atlantista ed europeista“.
Eletto ininterrottamente alla Camera dalla prima alla settima legislatura, diventa uno dei protagonisti della politica italiana del dopoguerra. Centrale nella sua proposta è una politica di programmazione con il coinvolgimento dei sindacati e degli imprenditori per attuare la cosiddetta “politica dei redditi”. Nel dopoguerra, La Malfa è stato uno dei padri del miracolo economico. Ministro del Commercio Estero nel Governo De Gasperi, guida la liberalizzazione degli scambi. Nel 1951, abbassa i dazi del 10% e apre le frontiere al libero commercio, a fronte di accuse di voler distruggere l’economia italiana e di esporre l’industria alla concorrenza sregolata.
Vicepresidente del Consiglio durante il quarto governo di Aldo Moro, Ugo La Malfa si afferma come uno dei leader più impegnati nella difesa dello Stato, strenuamente contrario a qualsiasi patteggiamento con i protagonisti del Terrorismo. Dopo la caduta del governo Andreotti (31 gennaio 1979), Pertini gli affida un incarico esplorativo al fine di sondare la possibilità di trovare una maggioranza. L’incarico ha esito negativo, ma La Malfa rimane il primo laico dopo l’azionista Ferruccio Parri (1945) ad aver ricevuto l’incarico di formare un governo. Muore pochi giorni dopo colpito da un’emorragia cerebrale.
Ancora oggi, La Malfa ci ricorda che dobbiamo avere il coraggio delle riforme economiche e sociali. “Quel coraggio che lui sempre dimostrò, insieme ad una visione direi profondamente pessimista della politica, ma mai sfiduciata. Un’azione paziente ma decisa, che eviti gli sterili drammi degli scontri ideologici, per dare all’Italia una prospettiva di sviluppo, coesione, convergenza“, conclude Draghi.
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