Forse nessuno ha saputo raccontare l’Afghanistan come Steve McCurry. Fotografo di fama mondiale, autore del celebre scatto “Ragazza afghana“, McCurry si è recato in Afghanistan più e più volte negli ultimi quarant’anni, testimoniando il dramma afghano, tra violenza, soprusi e miseria. Davanti alle immagini drammatiche di questi giorni, il fotografo statunitense è incredulo, sorpreso e deluso. “Mai stato facile per loro, adesso sarà peggio“, dichiara in un’intervista rilasciata al quotidiano La Stampa.
Ma una flebile speranza anima lo sguardo del fotografo, disposto a credere a un cambiamento dei Talebani. “Forse sono naïf, ma credo che i Talebani saranno molto più attenti, questa volta“, dice McCurry, intervistato da La Stampa. “Se stringeranno troppo sui diritti, o se copriranno una nuova ondata di terrorismo, le potenze occidentali non avranno scelta se non tornare e cercare di fermarli“, ipotizza il fotografo di fama mondiale. Meno ottimista quando si tratta del destino delle donne afghane. “Per loro è sempre stato un problema, anche nel migliore dei tempi“, spiega McCurry. E aggiunge: “Le donne faranno fatica, senza alcun sostegno tra gli uomini di questa società maschilista e machista in cui non hanno voce in capitolo“.
L’Afghanistan rappresenta nella vita di Steve McCurry un punto di non ritorno. Lì, in quelle terre dilaniate da guerre e lotte tribali, il fotografo ha scattato alcune delle foto più importanti e spettacolari di sempre, in grado di raccontare il dramma afghano da una prospettiva inedita. Quella dei profughi, delle donne e dei bambini, insomma degli invisibili. Di tutte le fotografie scattate, una è destinata a fare la storia, diventando il simbolo dell’emancipazione femminile, della resistenza alla guerra e all’oppressione. Stiamo parlando del celebre scatto “Afghan Girl”, pubblicato sulle copertine delle riviste di tutto il mondo, destinato a fare il giro del mondo, forse il ritratto più potente del XX secolo.
Siamo nel 1984. Steve McCurry è un giovane fotografo che sta realizzando un fotoreportage per la rivista National Geographic nei campi profughi allestiti lungo la frontiera tra Afghanistan e Pakistan. La guerra afghano-sovietica ha causato molti sfollati, tra cui diversi bambini rimasti orfani, e McCurry ha il compito di testimoniare il dramma in corso. Nei campi si cerca di portare avanti la propria vita in attesa che il conflitto termini: ed è qui che McCurry fa un incontro destinato a cambiare la sua vita per sempre. In una scuola del campo profughi, si imbatte nello sguardo di una bambina: è la ragazza dagli occhi verdi. Il suo sguardo è fermo, magnifico, pieno di grazia e dignità. Steve McCurry scatta e la fotografia diventa la copertina del numero di giugno del 1985 di National Geographic.
Quando esplode la guerra in Afghanistan nel 2001, Steve McCurry torna in Afghanistan, determinato a ritrovare la ragazza dagli occhi verdi. Inizia le ricerche nel campo profughi dove quindici anni prima aveva scattato quella fotografia. Finché trova il fratello della fanciulla, ormai diventata donna e madre di tre figli. Si chiama Sharbat Gula, che in lingua pashto significa “Fiore di acqua dolce”, è rimasta orfana all’età di sei anni e ha passato una vita in semi solitudine. Le scatta un’altra fotografia, dal titolo “Ritrovata“. Diventerà la copertina di aprile del 2002 di National Geographic.
Altri vent’anni sono passati da quel secondo scatto di Steve McCurry, ma pare che l’Afghanistan non si sia ancora lasciato alle spalle la sua storia di sofferenza. “Sarà un viaggio turbolento, quello di Kabul“, dichiara con amarezza McCurry. “Non riesco a immaginare i Talebani nella parte dei bravi ragazzi, ma farebbero bene a essere più morbidi, a tenere a bada il terrorismo, ad aprire sui diritti“, conclude, mentre le immagini di Kabul scorrono drammatiche davanti agli occhi del fotografo.
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