I robot sono il futuro dell’arte? La domanda sorge spontanea se pensiamo che – come racconta il New York Times – oggi molti artisti contemporanei si servono di tecnologie avanzate per realizzare le loro sculture. Altrettanti, però, sono quelli che chiedono di rimanere anonimi.
Il quotidiano americano, nel parlare del trend, pubblica anche delle foto di questi bracci giganti, che operano all’interno di alcuni laboratori a Carrara, in Toscana. Uno di questi, alto quattro metri, è all’opera per realizzare una statua “commissionata da un famoso artista americano”.
Ma il nome dello ‘scultore’ rimane anonimo. Il motivo è presto detto: “Gli artisti vogliono ancora far passare l’idea che utilizzino ancora scalpello e martello”. A dirlo è uno dei fondatori di una società di questi robot-scultori. E aggiunge: “Mi viene da ridere”.
A pochi metri di distanza dal primo laboratorio – scrive sempre il Nyt – ce n’è un altro, che lavora su un blocco di marmo. Sta realizzando un’opera commissionata da un “artista britannico”. Anche in questo caso, la sua identità è coperta dall’anonimato.
E come lui tanti altri. Se centinaia di anni fa artisti e artigiani lavoravano per anni nell’ombra per realizzare le opere firmate da grandi artisti, ecco che oggi a ricoprire questo ruolo ci sono i robot. Macchinari che “non parlano” e “non hanno anima”, spiega uno degli addetti ai bracci meccanici. “Ma ti ci affezioni”.
Il trend, però, non riguarda la totalità degli scultori. C’è infatti ancora chi preferisce prendere in mano uno scalpello anziché affidarsi a un robot. Il rischio concreto, sottolinea il quotidiano americano, è quello che l’arte italiana perda il suo ‘fascino’ internazionale se si abbandona la pratica dello scolpire artigianalmente.
Ma c’è anche chi ritiene che l’impiego dei robot non comporti necessariamente un ‘distacco’ eccessivo dal passato. Il direttore di un museo racconta infatti che “l’idea dell’artista che lavora da solo è un concetto romantico nato nel 19esimo secolo”.
In più, l’utilizzo di queste tecnologie semplifica il lavoro dello scultore, del quale rimane comunque un piccolo tocco. Perché “solo un essere umano sa quando fermarsi”. Un 1% del lavoro, di fatto, ma comunque fondamentale.
“La fortuna è che i robot non possono fare tutto”, dice infatti un ex studente di scultura mentre smussa un blocco di marmo. Meno positivo un suo collega, tre anni più giovane. “Fra tre o quattro anni sapranno farlo. E io dovrò fare qualcos’altro. Magari programmare un robot”.
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